30 dicembre 2013

AIDS e Malaria: malattie della povertà


Malaria e HIV sono due dei più devastanti problemi di salute globale del nostro tempo, causando insieme circa tre milioni di morti l’anno.

Entrambe le malattie colpiscono in maniera sproporzionata persone povere viventi in paesi in via di sviluppo. Per questo sono state chiamate “malattie della povertà”.
La malaria e l’HIV/AIDS hanno un impatto devastante sulla struttura della famiglia e sul tessuto della comunità. L’HIV/AIDS colpisce in maniera sproporzionata i giovani, economicamente attivi, che spesso non sono più in grado di badare ai più piccoli. Intervengono quindi gli anziani che si prendono cura dell’intera famiglia.
La malaria, d’altro lato, ha il suo più grande impatto sui bambini e sulle donne in gravidanza, cosa che può creare ulteriori pressioni sulle risorse della famiglia.
Quando queste due malattie si sovrappongono, si crea un impatto cross-generazionale che ha effetti devastanti sulle famiglie e su tutta la comunità. Inoltre malaria e HIV insieme comportano importanti implicazioni per la salute, in particolare di donne incinte e di bambini.

24 dicembre 2013

Buon Natale !

Dalla redazione di NoAidsInAfrica un augurio di buon Natale a tutti; in questi giorni in cui giunge a termine la santa gravidanza di Maria un pensiero speciale va alle donne africane che aspettano un bambino; queste madri, come la madre di Bethlehem, spesso giovanissime, scartate, costrette a partorire in stalle o simili, portano nel grembo il futuro dei loro popoli.
A loro un augurio speciale.
Buon Natale

20 dicembre 2013

AIDS, dall'epilessia la speranza di un nuovo farmaco

Un anti-infiammatorio, testato su chi soffre di attacchi epilettici, potrebbe bloccare l’avanzamento dell’HIV nel corpo del paziente infetto.

E’ quanto rivelato da due ricerche statunitensi pubblicate sulle riviste Science e Nature.
Lo studio, condotto dal dottor Warner Greene dell’Istituto Gladstone di San Francisco, è partito da come il virus attacca le cellule umane.
Una volta penetrato nella cellula infettata, l’HIV libera il proprio patrimonio genetico rappresentato da RNA, e grazie all'attività della trascrittasi inversa (che fa trascrivere in DNA l'informazione genetica contenuta nell'RNA del virus) trasforma il suo RNA in DNA, capace di integrarsi con i geni della cellula ospite. L'infezione nei linfociti può restare silente, cioè la cellula sopravvive, trasportando il genoma del virus, chiamato provirus, come parte del proprio patrimonio genetico. Occasionalmente il provirus può "esprimersi", cioè venire trascritto, obbligando la cellula a produrre numerose nuove particelle virali; in tal caso il linfocita T infetto va incontro a morte, lisa (si rompe) e libera i virus in esso contenuti, che possono ulteriormente infettare altri linfociti T.

Quando le cellule resistono all'attacco e non si trasformano in produttori di virus, l'HIV riesce a innescare un meccanismo di autodistruzione, secondo il quale le cellule sferrano un attacco letale a se stesse. Il processo chiamato pyroptosis, in cui le cellule morenti scatenano una risposta infiammatoria feroce (più simile ad un suicidio che ad un omicidio, spiega Greene) si dilaga alle cellule vicine tramite un processo simile appunto a quello dell'infiammazione.
Una delle proteine chiave coinvolta in tale processo è la caspasi-1, bloccata dal farmaco contro l’epilessia.


Il farmaco è stato inizialmente testato su soggetti che non rispondevano ai normali farmaci anti-epilettici. Tuttavia i risultati non sono stati soddisfacenti e lo sviluppo del farmaco era stato abbandonato. Adesso i ricercatori vogliono proseguire la ricerca, questa volta però su malati di AIDS. L’utilizzo di tale farmaco potrebbe rappresentare una svolta per quei malati sui quali i farmaci “tradizionali” non hanno alcun effetto.

19 dicembre 2013

Ora più che mai: DREAM a ICASA 2013

Concluso la settimana scorsa il 17mo convegno di ICASA, tenutosi a Cape Town. Più di 5.000 professionisti della salute, attivisti, decision maker, operatori sanitari, si sono confrontati sulla lotta all'infezione da HIV in Africa Sub-Sahariana. Anche il programma DREAM era presente al meeting con alcuni suoi rappresentanti, che hanno portato un importante contributo ai lavori.
Now more than ever: targeting zero. Ora più che mai, questo era il titolo e lo slogan dell'incontro, come a sottolineare quanto il momento storico che stiamo vivendo sia cruciale: dopo anni di immobilismo, oggi si riconosce l'importanza di interventi mirati (in particolare in merito alla prevenzione della trasmissione materno-infantile del virus), ma ci troviamo anche di fronte all'emergere di nuove problematiche sanitarie legate all'AIDS in Africa Sub-Sahariana (resistenze, farmaci di seconda linea, complicanze cardiovascolari, etc...) e allo stesso tempo assistiamo ad una contrazione dei fondi per lo sviluppo, con conseguenze preoccupanti sulla salute di milioni di persone.

16 dicembre 2013

In Emergencies, People Living With HIV Are Neglected Group

For people living with HIV in poor countries, there are already many barriers to accessing life-saving medication and also to the nutritional food that will help the treatment work. But for populations affected by emergencies, such as the ongoing conflict in the Democratic Republic of Congo, it's even harder. This was one of the messages that emerged at the ICASA conference in Cape Town this week. WFP's Natalie Aldern was there and shares her read-out here.
Much of the discussion at the 17th International Conference on AIDS and STIs in Africa (ICASA) has applauded the unprecedented results achieved in prevention and treatment of HIV. Also highlighted at the event held in Cape Town, South Africa, in December have been the additional steps needed to achieve the goal of zero new HIV infections.
As one of 11 co-sponsors of UNAIDS, the UN World Food Programme plays a lead role in providing food and nutrition support to affected populations.
Recent studies show that early access to anti-retoviral treatment (ART) not only prevents HIV-positive people from dying but helps curb the spread of the virus. Proper food and nutrition play an essential role in this equation by keeping people living with HIV (PLHIV) people healthy for longer and improving the effectiveness of their treatment.

13 dicembre 2013

Verso una generazione libera dall' AIDS


E' stato recentemente pubblicato un nuovo Rapporto UNICEF: Towards an AIDS-free generation
.

Tale rapporto mostra, tra altre cose, gli sforzi fatti per ridurre la trasmissione madre-bambino del virus dell'HIV.
Grazie all'attuazione di nuovi programmi, tra il 2005 e il 2012 sono state evitate 850.000 nuove infezioni infantili nei paesi a reddito medio-basso. Nel 2012, circa 260.000 bambini sono stati infettati, rispetto ai 540.000 del 2005.
Tuttavia tale report lancia l'allarme sugli adolescenti e sulla necessità di mettere in atto maggiori sforzi per affrontare l'infezione da HIV in questo gruppo di età più vulnerabile.
I decessi a causa dell'AIDS tra gli adolescenti con un'età tra i 10 e i 19 anni sono aumentati del 50% tra il 2005 e il 2012, passando da 71.000 a 110.000, in netto contrasto con i progressi compiuti nella prevenzione della trasmissione verticale.
Tuttavia, con investimenti mirati e maggiori, le nuove infezioni tra gli adolescenti potrebbero essere dimezzate entro il 2020, evitando il contagio in particolare tra le ragazze. Oltre il settore sanitario, tali investimenti dovrebbero coinvolgere anche quello dell'educazione e dell'istruzione.

9 dicembre 2013

Ricordando Mandela

"Let a new age dawn!" Venga l'alba di una nuova era! Con queste parole Nelson Mandela terminava il discorso in occasione del conferimento del premio nobel per la pace nel 1993. Quella nuova era lui l'aveva sognata, cercata e costruita nel corso dei lunghi anni di attivismo e prigionia; quella nuova era si affacciava in Sudafrica con l'abolizione dell'apartheid nei primi anni '90; ma quella nuova era doveva ancora essere raggiunta e c'erano ancora molte sfide da affrontare. Superati gli 80 anni, dopo 27 anni di prigionia, e con un mandato presidenziale alle spalle poteva decidere di ritirarsi in disparte per gli ultimi anni della sua vita, ma con una grande forza - testimoniando quanto la vecchiaia sia tutt'altro di un'attesa triste della fine - si è rimesso in discussione dandosi da fare per affrontare la nuova piaga che il suo paese stava affrontando. Il Sudafrica era - ed è attualmente - uno dei paesi al mondo più colpiti dall'infezione da HIV e solo recentemente ha messo in campo un'intensa strategia di trattamento con farmaci antiretrovirali. Mandela ha voluto richiamare l'attenzione internazionale sull'AIDS e sulle grandi contraddizioni che il mondo civile stava vivendo: "We live in a world where the Aids pandemic threatens the very fabric of our lives. Yet we spend more money on weapons than on ensuring treatment and support for the millions infected by HIV". Instancabilmente ha parlato, ha incoraggiato, ha incontrato persone, attivisti, malati, potenti, e ha esortato tutti a fare il possibile per superare i tanti blocchi al trattamento universale dell'AIDS, ha sfidato le grandi case farmaceutiche per la produzione di farmaci generici contro l'infezione da HIV (vedi post), ha vinto il pregiudizio annunciando pubblicamente che il suo unico figlio maschio era morto a causa del virus. Nei primi anni del suo mandato presidenziale aveva condiviso alcune lentezze dei suoi compagni di partito nel vedere l'AIDS come un'urgenza nazionale, tuttavia in seguito non si è risparmiato, utilizzando la sua immagine pubblica per salvare milioni di vite come ha riportato il direttore esecutivo di UNAIDS Mr. Sidibe: "his influence helped save millions of lives and transformed health in Africa".
Il presidente Zuma annunciando la sua morte ha detto: "la nostra nazione ha perso il suo figlio più grande, il nostro popolo ha perso un padre". I milioni di sieropositivi in Sudafrica, e non solo, hanno perso un grande alleato, ma la sua battaglia continua, la nuova era di cui parlava nel '93 deve ancora arrivare ma si è fatta più vicina. Mandela ha vinto molte sfide, la lotta all'AIDS non è riuscito a vincerla, a noi sta portarla a compimento.

Da Gaza, Mozambico, un modello per il trattamento dell'HIV

In Mozambico 1.4 milioni di persone sono affette dall’HIV/SIDA.
Di questi, 200 mila sono bambini, 550 mila sono uomini e 850 mila donne, registrando un 15% di prevalenza tra le donne in gravidanza. Appare quindi elevato in assenza di trattamento il rischio di trasmissione madre-bambino del virus. Secondo l’UNICEF, ogni giorno in Mozambico nascono 85 bambini con HIV, e metà di loro in assenza di cure adeguate è destinata a morire entro il secondo anno di vita.
Una delle aree più colpite dall’epidemia da HIV è la provincia di Gaza, a causa della vicinanza con il Sudafrica e lo Zimbabwe, paesi ad alto tasso di infezione, dove molti uomini della provincia lavorano.
Secondo il quotidiano Noticias, negli ultimi mesi 23 mila nuovi malati HIV positivi si sono rivolti alle unità sanitarie locali. Durante questo anno 380 pazienti hanno perso la vita, vittime dell’HIV/SIDA e 430 hanno abbandonato il trattamento.
Nello stesso tempo si è registrato un aumento delle persone in trattamento, 61 mila, tra cui 5 mila bambini.
Tuttavia negli ultimi anni sono aumentati gli sforzi per la riduzione della trasmissione materno-infantile del virus.

4 dicembre 2013

1 dicembre, le parole del Papa


Il 1 dicembre anche il Papa all'Angelus ha voluto inviare un messaggio in occasione della giornata mondiale della lotta contro l'AIDS, ecco il testo:

"Cari fratelli e sorelle,
oggi ricorre la Giornata mondiale per la lotta contro l’HIV/AIDS. Esprimiamo la nostra vicinanza alle persone che ne sono affette, specialmente ai bambini; una vicinanza che è molto concreta per l’impegno silenzioso di tanti missionari e operatori. Preghiamo per tutti, anche per i medici e i ricercatori. Ogni malato, nessuno escluso, possa accedere alle cure di cui ha bisogno."

Global Fund, l'Italia torna a contribuire

La Stampa

L’Italia dopo tre anni torna tra i paesi donatori del Fondo Globale contro Hiv, malaria e Tbc. Lo ha annunciato il viceministro degli Esteri Lapo Pistelli da Washington, dove è in corso la «Replenishment Conference» del Fondo, che punta a raccogliere 15 miliardi di dollari per i prossimi tre anni. Il contributo del nostro paese, ha spiegato Pistelli, sarà di 100 milioni di euro per i prossimi tre anni. "Si tratta di un segnale forte e altamente simbolico, di profonda rottura con il passato recente" ha affermato Pistelli

Ed è positivo il commento di Bill Gates, fondatore di Microsoft e copresidente della Bill & Melinda Gates Foundation. «È davvero un’ottima notizia che l’Italia abbia rinnovato il suo supporto al Fondo Globale - afferma - impegnandosi a contribuire con 100 milioni di euro complessivi per i prossimi tre anni. L’Italia si è contraddistinta in passato quale uno dei più importanti sostenitori del Fondo Globale, e l’annuncio di oggi  è un segno promettente del rinnovato impegno dell’Italia nell’ambito della cooperazione allo sviluppo. Desidero congratularmi con il governo, ma anche con i membri del Parlamento e con la società civile italiana che si sono adoperati perchè questo risultato venisse raggiunto. Ritengo che il Fondo Globale sia uno degli investimenti migliori che si possano fare per garantire una vita sana e produttiva alle popolazioni più povere e per aiutare i paesi in via di sviluppo a intervenire attivamente nella lotta contro l’AIDS, la tubercolosi e la malaria».


29 novembre 2013

AIDS: dall'Italia il primo vaccino terapeutico per bambini

E’ stato testato in Italia, all’Ospedale Bambino Gesù, il primo vaccino pediatrico terapeutico contro l’HIV. 

I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista PlosOne . E’ il primo vaccino al mondo, testato con risultati positivi su 20 bambini con un’età tra i 6 e i 16 anni. La sperimentazione ha riguardato bambini infettati per via materna.
I soggetti dello studio sono stati divisi in due gruppi: 10 di loro hanno continuato la terapia con antiretrovirali; gli altri 10 hanno abbinato alla terapia classica la somministrazione del vaccino. Ciò  ha determinato in questo secondo gruppo il significativo aumento di risposte immunologiche potenzialmente in grado di determinare il controllo della replicazione del virus dell'HIV.

27 novembre 2013

AIDS by the numbers


L’UNAIDS fa le stime dei progressi nella lotta contro l’HIV/AIDS, pubblicando un nuovo report.

Siamo sempre più vicini al goal di porre fine all’epidemia da HIV interrompendo la trasmissione del virus e arrestando le morti AIDS-correlate.
Tuttavia, lo stigma e la discriminazione, la violenza contro le donne ed altri fattori continuano ad ostacolare il raggiungimento dell’obiettivo globale.
Secondo tale documento, le nuove infezioni sono diminuite del 33% dal 2001.
Dal 2005 si è inoltre ridotta del 29% la mortalità dovuta all’AIDS tra gli adulti e tra i bambini, con una riduzione del 52% delle nuove infezioni tra i più piccoli. Inoltre gli anni tra il 2002 e il 2012 hanno visto aumentare di 40 volte l’accesso alle terapie antiretrovirali.
Focalizzando il nostro sguardo sull’Africa sub-sahariana, nel 2012, 1 milione in meno di persone hanno contratto l’HIV (2.6 milioni nel 2001 rispetto ai 1.6 milioni nel 2012). Una riduzione di quasi il 40%. Le morti AIDS-correlate sono diminuite di circa il 22% (1.5 milioni nel 2001 vs 1.2 milioni nel 2012).
Tuttavia restano ancora sfide significative.

Nel mondo le persone HIV-positive sono 35.2 milioni, ed ogni ora 50 giovani donne vengono infettate. Ma se tali sfide verranno accettate, il numero di persone in trattamento continuerà a crescere rapidamente e gli sforzi per la prevenzione della trasmissione porteranno a risultati soddisfacenti. Il mondo potrà quindi raggiungere l’obiettivo di porre fine all’epidemia da HIV.

25 novembre 2013

25 Novembre: Giornata mondiale contro la violenza sulle donne

Il 25 novembre si celebra la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, istituita dall’ONU nel 1999. La data fu scelta in ricordo dell’assassinio nel 1960 delle tre sorelle Mirabal, che tentarono di contrastare il regime di Trujillo, dittatore della Repubblica Dominicana per oltre trent’anni.

La violenza contro le donne è una grave violazione dei diritti umani, inoltre aumenta il rischio di infezione da HIV.
È quanto dichiarato da UNAIDS, secondo il quale recenti ricerche hanno stabilito una chiara associazione tra violenza domestica e HIV, con un aumento del rischio del 50% da parte delle donne di contrarre l’infezione.

22 novembre 2013

HIV in Italia: epidemia stabile ma ritardo nella diagnosi




Il Notiziario dell’Istituto superiore di Sanità ha pubblicato i dati sulle nuove infezioni da HIV in Italia e sui casi di AIDS diagnosticati nel nostro paese. Nel 2012 il sistema di sorveglianza delle nuove diagnosi di HIV ha raggiunto la copertura del 100% del territorio nazionale, i dati cominciano quindi ad essere affidabili anche se secondo i ricercatori dell’ISS bisognerà aspettare 4 anni perché siano consolidati.
Nel 2012 sono state segnalate 3853 nuove diagnosi di infezione da HIV, un dato stabile rispetto agli anni precedenti, che corrisponde a un tasso di incidenza di 6,5 nuovi casi ogni 100.000 abitanti. Il 26% delle persone diagnosticate è di nazionalità straniera. L’età mediana è di 38 anni per i maschi e 36 per le femmine.
Mentre negli anni '80 e '90 il principale fattore di rischio era costituito dall’uso di droghe per via endovenosa, attualmente la maggioranza delle nuove infezioni, come avviene in molti altri paesi del mondo, è attribuibile ai rapporti sessuali (42,7% rapporti eterosessuali, 38% rapporti omosessuali).

Il 55,8% delle persone diagnosticate HIV+ nel 2012 è arrivato alla diagnosi quando già i CD4 erano al di sotto di 350 per mm3 (late presenters). Il motivo di queste diagnosi tardive sta nella scarsa consapevolezza del rischio di infezione. Si tende ancora a vedere l’HIV confinato in particolari gruppi a rischio,
come una patologia su cui si dovrebbero informare solo i giovanissimi, invece non è così: l’HIV è ormai presente stabilmente, anche se con numeri c
ontenuti, nella popolazione italiana.

21 novembre 2013

AIDS: 30 years down the line


Dalla sua comparsa ad oggi, l’AIDS è diventato uno dei fenomeni epidemiologici più ampiamente studiati e documentati in tempi moderni. Un nuovo libro, AIDS 30 Years Down the Line...Faith-based Reflections about the Epidemic in Africa, pubblicato da Ajan in collaborazione con le Edizioni Paoline,  racconta trent’anni di esperienza dei volontari e delle diverse organizzazioni della Chiesa cattolica in favore di donne, uomini e bambini colpiti dall’epidemia HIV in Africa. 

Il volume presenta le opinioni di accademici attraverso una serie di saggi. Ne emerge che, anche se molto è stato fatto, molto resta ancora da fare per sconfiggere l’HIV/AIDS. Tuttavia gli autori presentano nuove idee e mezzi per comprendere e affrontare la minaccia rappresentata da questa pandemia.

20 novembre 2013

HIV: Uganda in marcia verso la fine dell'epidemia

Il Presidente dell’Uganda, Yoweri Museveni, ha lanciato in questi giorni una massiccia campagna di prevenzione e trattamento dell’HIV, invitando gli ugandesi a fare il test. Museveni ha dichiarato che tutti i cittadini che risulteranno positivi a tale test, avranno accesso al trattamento e al sostegno necessario.
L’Uganda è uno Stato dell’Africa Orientale, senza sbocchi sul mare.
Negli anni ha visto numerose lotte interne, due guerre civili che hanno fatto molte morti (la prima più di 300.000) e rapimenti (più di 20.000 bambini rapiti come schiavi sessuali o come soldati, ad opera dello LRA- Lord's Resistance Army). Ancora oggi nelle province settentrionali continua la guerriglia dell’LRA, appoggiata dal Sudan.
In questo contesto, difficili sono i progressi in campo economico, dell’istruzione e in particolare in ambito sanitario.

18 novembre 2013

Accesso alle cure in Africa, terapia ancora troppo tardi

Nonostante le linee guida dell’OMS del 2010 abbiano innalzato la soglia di CD4 a cui iniziare la terapia con antiretrovirali, sono ancora troppe le persone con HIV che arrivano tardi ad assumere tale trattamento in Africa. Questo si traduce in una mortalità maggiore nel periodo immediatamente successivo all’inizio della terapia, in una gestione clinica più complicata e costosa, mentre si perde l’opportunità di utilizzare la terapia anche come strategia per la diminuzione del contagio.
Un recente studio della Columbia University ha esaminato la percentuale di persone che entrano in terapia in uno stadio avanzato di malattia in quattro paesi africani (Kenya, Mozambico, Rwanda e Tanzania).

Un nuovo farmaco pronto per scendere in campo

I risultati del clinical trial sono positivi: la combinazione dolutegravir+abacavir+lamivudina si è dimostrata superiore alla prima linea standard (tenofovir+emtricitabina+efavirenz) nell’ottenere la soppressione virale a un anno di terapia (l’hanno ottenuta l’88% dei pazienti con questo farmaco contro l’81% con la prima linea standard).
Il dolutegravir è un inibitore di integrasi che può essere somministrato una sola volta al giorno e che, come la prima linea standard, può essere offerto in combinazione con altri due farmaci in un'unica compressa, facilitando molto l’assunzione e l’aderenza tra i pazienti. La combinazione dolutegravir + abacavir + lamivudina è stata molto ben tollerata (solo il 2% del campione ha dovuto cambiare la terapia, contro il 10% nella prima linea standard) ma bisogna dire che erano stati escluse dallo studio le persone con un particolare allele HLA, ipersensibili all’abacavir.

Le strategie terapeutiche contro l’HIV si arricchiscono dunque di nuovi farmaci, che speriamo siano presto disponibili anche in Africa.

12 novembre 2013

Lo Zambia contro l'HIV



Una delegazione dell’UNAIDS Programme Coordinating Board (PCB) si è recata in Zambia per sapere di più circa i successi e le sfide nella lotta all’HIV nel paese.
Lo Zambia è un paese dell’Africa centro-meridionale, attraversato da due grandi bacini fluviali: quello dello Zambesi a sud e quello del fiume Congo a nord. Conta una popolazione di circa 13 milioni di persone (Country Report 2012), di cui il 61% abita le aree rurali e il 39% le aree urbane. La speranza di vita alla nascita è di 49 anni.
L’HIV ha fatto la sua prima comparsa nel paese intorno agli anni ’80, diffondendosi attraverso tutta la popolazione. La maggior parte delle trasmissioni sono infatti avvenute per via eterosessuale e attraverso la gravidanza, il parto e l’allattamento.
La percentuale degli infetti si presentava maggiore nelle aree urbane piuttosto che nelle aree rurali, tra le donne piuttosto che tra gli uomini.
Si stima che nel 2012 le persone affette da HIV/AIDS siano state più di 1 milione, con una percentuale del 12.7% tra gli adulti con un’età tra i 15 e i 49 anni. Di questi, circa il 52% donne.
Circa 160 mila i bambini colpiti dall’HIV e circa 30 mila le morti dovute all’AIDS con un numero di orfani che ha superato i 670 mila.

8 novembre 2013

Anche l’HIV invecchia

L’agenzia internazionale UNAIDS ha pubblicato recentemente un report che fa il punto sulla situazione delle persone con HIV che hanno più di 50 anni.
Si tratta di una quota crescente delle persone infette, quasi un terzo nei paesi ad alto reddito, e circa il 10% nei paesi a basso reddito, per un totale di 3,6 milioni di persone.
L’ “invecchiamento” dell’epidemia è dovuto a diversi fattori: in primo luogo al successo delle terapie antiretrovirali, che hanno prolungato la vita delle persone con HIV; c’è poi la diminuita incidenza tra le fasce giovanili della popolazione, l’aumento globale della speranza di vita e la tendenza anche tra persone di età superiore a 50 anni a intraprendere comportamenti a rischio.
Anche i servizi per la prevenzione e il trattamento dell’HIV si devono dunque adattare e prendere in considerazione questa fascia di persone più anziane, con le loro specifiche particolarità e necessità.

HIV and aging

UN NEWS SERVICE

The shifting demographics of the AIDS epidemic demands a new focus to reach people aged 50 and over who are currently underserved by HIV services, urged the United Nations agency leading the global HIV/AIDS response.
Out of the estimated global total of 35.3 million people living with HIV, an average 3.6 million are people aged 50 years or older, according to a new supplement to the 2013 UNAIDS report on the global AIDS epidemic focused on the issue HIV and aging.
"People 50 years and above are frequently being missed by HIV services," said Michel Sidibé, UNAIDS Executive Director. "This is costing lives."
"Much more attention needs to be given to their specific needs and to integrating HIV services into other health services which people 50 years and over may already have access to," added Mr. Sidibé.

7 novembre 2013

HIV: il virus si maschera per evadere le difese dell'organismo

Come noto, l'HIV una volta entrato nell'organismo non ne uscirà mai più.
Il virus, infatti, ha sviluppato dei meccanismi per evadere la risposta immunitaria dell'ospite e continuare a replicarsi. Le attuali terapie disponibili riescono a contenere tale replicazione e rendere il virus dormiente, o quanto meno limitarne i danni. Un articolo pubblicato su Nature, condotto da studiosi dello University College di Londra, ha svelato ulteriori dettagli su tali meccanismi, e aperto nuove prospettive terapeutiche: il virus si maschererebbe per sfuggire alle difese dell'ospite.

La domanda da cui parte lo studio è la seguente: perchè HIV riesce a replicarsi all'interno delle cellule dell'immunità innata (macrofagi) senza stimolare una risposta immunitaria? Normalmente infatti un qualsiasi agente infettivo stimola l'organismo a produrre un articolato sistema di risposte che porta alla soppressione dell'agente stesso, questo non avviene con HIV, perchè?

6 novembre 2013

Post 2015: end of AIDS?

"I am from the generation that never experienced a world without HIV. It is my dream to see how the world feels without AIDS." Mr Zerihun Mammo, representative of the Pan African Youth Leadership Network of United Nations For Achievement of MDGs.
The first of a series in regional dialogues organized by the UNAIDS and Lancet Commission: Defeating AIDS - Advancing global health was held on 3 November in Addis Ababa. One of the main messages that emerged from the consultation was the need to include ambitious and measurable targets towards ending AIDS in the post-2015 development agenda.
Co-convened by the United Nations Economic Commission for Africa (UNECA) and UNAIDS, the Africa-focused dialogue was held on the margins of the Africa Regional Consultative Meeting on the Sustainable Development Goals. The aim of the consultation was to stimulate debate on how to ensure that the achievements of the AIDS response are carried forward to the new development agenda that is currently being worked on to replace the Millennium Development Goals when they expire in 2015.

31 ottobre 2013

DREAM: un sogno in crescita

1.500.000 persone raggiunte tra Mozambico, Malawi, Tanzania, Kenya, Repubblica di Guinea, Guinea Bissau, Camerun, Congo RDC, Angola e Nigeria. È una lunga lista quella dei paesi in cui il programma DREAM della Comunità di Sant'Egidio, fondata da Andrea Riccardi è attivo, e il numero di persone che giovano del programma sta crescendo sempre più. L'aggiornamento dei "numeri di DREAM", presentato pochi giorni fa mostra un'esperienza che sta diventando sempre più importante in Africa Sub-sahariana nella lotta all'HIV. 10 paesi, 38 centri, 20 laboratori, 225.000 pazienti assistiti: sono numeri che parlano di quanto l'Africa stia cambiando. L'Africa, come ogni paziente in cura, sta riprendendo a vivere, a camminare, a lavorare; più di 5.000 professionisti africani sono stati formati da DREAM nel corso degli anni e sono ora impegnati nello sviluppo dei loro paesi; essi rappresentano il segno di un'Africa che si rimette in piedi e comincia a ricostruirsi un futuro. Ma più di tutto, il futuro del continente africano è letteralmente incarnato dai 22.500 bambini nati sani da madri sieropositive nel programma; quello di far nascere bambini sani è stato un impegno che DREAM si è preso fin dall'inizio, nella convinzione che potesse essere l'unica strada per cambiare veramente l'Africa.
Tutto è cominciato 12 anni fa in Mozambico,

30 ottobre 2013

Eritrea: ottimismo del ministro della salute

In occasione della giornata delle Nazioni Unite, celebrata il 24 ottobre con un incontro ad Asmara, Ms. Amna Nur-Hussein, il ministro della salute eritreo, ha annunciato che il paese ha raggiunto in anticipo tre degli 8 obiettivi del millennio (per ulteriori informazioni sugli obiettivi del millennio vedi post). L'Eritrea è in realtà ancora uno dei paesi più poveri al mondo secondo l'UNDP, occupando il 181° posto su 186 per indice di sviluppo umano, con un prodotto interno lordo pro capite nettamente inferiore a quello di paesi come Afghanistan, Chad, o Burkina Faso; anche la scolarizzazione è molto carente, registrandosi nel paese uno dei tassi più bassi al mondo, con una media di 3,2 anni di studio per abitante; inoltre la situazione politica è una delle più delicate al mondo, con un governo in carica da venti anni.
Tuttavia la situazione sanitaria sembra in miglioramento.

28 ottobre 2013

AIDS: i riservisti del virus sono più del previsto

La panchina di HIV sarebbe più grande del previsto. Una ricerca apparsa sulla rivista Cell fornisce ulteriori conoscenze sui reservoir dell'HIV nell'organismo umano (per approfondimenti sul tema vedere post). I ricercatori dell'Howard Hughes Medical Institute hanno studiato i provirus di HIV. Quando il virus infetta i linfociti T spesso rimane in forma latente, formando dei provirus (dei "cuccioli" di virus); i provirus nella gran parte non sono in grado di svilupparsi e completare il ciclo di replicazione virale in modo da riattivare la replicazione.
Lo studio pubblicato su Cell ha mostrato che l'88.3% dei provirus sarebbe difettoso, mentre il restante 11.7% sarebbe in grado di riprendere la replicazione.
Questo significherebbe che il reservoir dell'infezione (che potremmo immaginare come la panchina dei riservisti del virus) è più grande del previsto, per questo HIV ha sempre nuove reclute per mantenere l'infezione. Se i risultati dello studio fossero confermati da altre ricerche significherebbe che i reservoir dei HIV sarebbero fino a 60 volte più grandi di quanto immaginavamo.
La distruzione dei reservoir (delle "panchine") è la strada terapeutica che molte ricerche stanno percorrendo per arrivare ad una definitiva eradicazione del virus dall'organismo.

25 ottobre 2013

OMS: in riduzione i nuovi casi di tubercolosi, ma le morti sono ancora troppe

Più di un milione di morti nel 2012 a causa della tubercolosi. Precisamente 1,3 milioni, che fanno del micobatterio il secondo killer al mondo dopo l'HIV. L'Organizzazione Mondiale della Sanità mercoledì ha fornito i nuovi dati sullo stato dell'epidemia tubercolare nel mondo. Tanti sforzi sono stati messi in campo negli ultimi anni nei paesi ad alto carico di infezione (High Burden Countries), ma il numero di morti da tubercolosi è ancora troppo alto, dichiara l'OMS, soprattutto perchè la gran parte delle morti sono evitabili; oltre 300.000 morti sono avvenute in pazienti HIV positivi.Il Global Tuberculosis Report 2013 dell'OMS, fornisce anche dati incoraggianti: la mortalità da tubrecolosi è scesa del 45% dal 1990, negli ultimi 12 anni l'incidenza della malttia è scesa da 148 nuovi casi per anno ogni 100.000 abitanti nel 2000 a 122 casi nel 2012.

24 ottobre 2013

October 24: World Polio Day

La Poliomielite era un tempo una malattia temuta in tutto il mondo, che poteva colpire improvvisamente soprattutto i bambini e causare paralisi permanenti. Il virus della polio è molto contagioso e si trasmette per via oro-fecale.


Grazie alla Global Polio Eradication Initiative la malattia è stata ridotta del 99% e si va verso la sua eradicazione, attraverso la vaccinazione. Sono soltanto tre i paesi dove la polio è ancora endemica: Nigeria , Pakistan e Afganistan, e quest’anno in questi tre paesi si sono registrati solo 99 casi. Un passo avanti verso l’eradicazione dunque, anche se nello stesso tempo si è osservato un aumento di trasmissione in paesi non endemici, soprattutto nel corno d’Africa (Kenya, Etiopia, Somalia e Sud Sudan). Queste epidemie continueranno, dice il dr Jafari, direttore dell'iniziativa, finchè esisterà il reservoir dei paesi endemici. La speranza in una prossima eradicazione risiede dunque nel proseguimento delle campagne di vaccinazione.

23 ottobre 2013

Il latte materno blocca l'HIV

Si chiama tenascina C (TNC) la proteina attiva nella guarigione delle ferite presente nel latte materno che ha mostrato grande efficacia nel prevenire la trasmissione dell'infezione da HIV ai neonati. Uno studio della Duke University ha mostrato le proprietà antivirali della TNC; la proteina si lega al capside virale (il rivestimento più esterno)  bloccando il virus, probabilmente in combinazione con altre componenti del latte materno. L'allattamento è una delle fasi in cui una donna può trasmettere il virus al figlio (insieme alla gravidanza e il parto); nei paesi in via di sviluppo per molto tempo si è consigliato alle madri HIV+ l'allattamento artificiale, ma negli ultimi anni si è dimostrato come l'allattamento al seno, se la madre segue un appropriato regime con farmaci antiretrovirali, possa essere sicuro e risolvere molti dei problemi legati all'allattamento artificiale nei paesi in via di sviluppo (vedi post).
La scoperta potrebbe inoltre aprire nuovi scenari terapeutici per bloccare il virus con gli stessi meccanismi della TNC.

22 ottobre 2013

In Sudafrica dimezzata la mortalità infantile da HIV

In Sudafrica i bambini muoiono sempre meno per l'AIDS: è quanto riporta un articolo pubblicato su AIDS, la rivista ufficiale della International AIDS Society. I dati sulla mortalità infantile generale nel paese presentano infatti grandi miglioramenti, dal 2006 il trend della mortalità dei bambini sotto i 5 anni si è invertito, mostrando una diminuzione tra il 6 e il 10% annuo. In particolare ciò che è emerso riguarda la mortalità da HIV, che tra i bambini con meno di 5 anni è scesa del 50%.
Il Sudafrica è il paese in cui vivono il maggior numero di persone con infezione da HIV, nel 2005 era uno dei quattro paesi al mondo  con il maggiore tasso di mortalità infantile. Oggi, grazie a politiche sanitarie lungimiranti si sta assistendo ad importanti passi in avanti. Fatto decisivo è stato la diffusione della terapia antiretrovirale, che ha permesso maggiori tassi di prevenzione materno-infantile del virus e, probabilmente, una minore circolazione del virus tra la popolazione sessualmente attiva. Come descritto in un post del 23 maggio,

15 ottobre 2013

L’exit strategy del PEPFAR è sostenibile?

La scorsa estate è stato celebrato il decimo anniversario della nascita del PEPFAR (President’s Emergency Plan for AIDS Relief), piano finanziario creato dall’allora presidente George W. Bush per fronteggiare l’infezione da HIV in Africa Sub-Sahariana. A tale celebrazione abbiamo dedicato in giugno un post su questo blog. Oggi si torna a parlare di PEPFAR, ma i toni sono decisamente meno positivi; il New England Journal of Medicine (NEJM) pubblica un articolo dal titolo “PEPFAR in Transition”, che apre scenari preoccupanti per la salute dei pazienti HIV+ in molti paesi, tra cui il Sud Africa, uno dei paesi più colpiti dall’infezione. Il NEJM dà notizia dell’annuncio fatto nel mese di agosto dal governo statunitense, che si accinge a tagliare il budget del PEPFAR in molti paesi, tra cui il Sud Africa. Gli Stati Uniti, nei 10 anni di vita del PEPFAR, hanno stanziato fondi per 44 miliardi di dollari, finanziando il trattamento per più di 5 milioni di persone in paesi a risorse limitate in Africa. Il Sudafrica riceve più di 500 milioni di dollari all’anno da parte del PEPFAR, ma è anche l’unico paese, tra quelli finanziati dal PEPFAR, che ha supportato autonomamente la maggior parte del bilancio per l’HIV negli ultimi 5 anni. I finanziamenti del PEPFAR curano in Sudafrica 1,7 milioni di pazienti HIV+, questi pazienti dovrebbero passare dai centri gestiti dal PEPFAR a quelli gestiti direttamente dal governo. Gli osservatori sono preoccupati che questa transizione di quasi 2 milioni di pazienti possa portare ad un sovraffollamento dei centri sanitari governativi, dove lunghi tempi d’attesa e mancanza di farmaci sono peraltro fenomeni già molto comuni. Altri commentatori elogiano invece l’iniziativa del PEPFAR come l’inizio dell’indipendenza sanitaria del Sudafrica.
Ma l’Africa non è tutta Sudafrica;

10 ottobre 2013

HIV e mortalità materna

"I diritti umani devono essere al centro della nostra attività, perché ciascuno ha il diritto di vivere. Il nostro primo impegno come medici è quello di salvare vite". Sono parole pronunciate da Luiz Loures, vicedirettore esecutivo di UNAIDS, in occasione della conferenza africana della Federazione Internazionale dei Ginecologi e degli Ostetrici (FIGO), tenutasi ad Addis Ababa dal 2 al 5 ottobre scorsi, che ha visto riuniti specialisti, ministri, policy-maker da numerosi paesi africani. Nel corso dell'incontro sono stati evidenziati i collegamenti tra l'infezione da HIV e la mortalità materna ed infantile; Luiz Loures nella relazione di apertura dei lavori, ha inoltre richiamato ad una maggiore sinergia tra i servizi di salute prenatale e le associazioni della società civile che si occupano di HIV, al fine di migliorare l'accesso ai servizi da parte della popolazione più marginalizzata, in particolare le donne.
In Africa Sub-sahariana, le donne sono più colpite dall'HIV rispetto a gli uomini, rappresentando il 58% dei 22 milioni di pazienti infetti con HIV.

8 ottobre 2013

Epidemiologia dell’HIV nel 2013

Il nuovo report di UNAIDS fa il punto sullo stato attuale dell’epidemia.
Il numero di persone con HIV nel mondo è stabile o in aumento, si tratta di 35 milioni di persone contro 33 milioni nel 2007. Tale aumento non è dovuto ad un aumento di incidenza, cioè al numero di nuovi casi, ma alle migliori cure disponibili e all’aumentato accesso ai farmaci, che hanno aumentato la durata di vita delle persone con HIV.
Il numero di nuovi casi nel 2012 è stimato a circa 2,3 milioni (2 milioni di adulti e 260.000 bambini), mentre nel 2008 era di 2,7 milioni (2,3 milioni di adulti e 430.000 bambini). Si assiste quindi a un rallentamento dell’epidemia, significativo soprattutto per quello che riguarda i bambini. Infatti, nonostante il raggiungimento dell’obiettivo “Zero new infections in children” sia ancora lontano, è indubbio che l’applicazione delle strategie di prevenzione materno infantile abbia prodotto risultati visibili. I morti nel 2012 sono stati 1,6 milioni, contro 2 milioni nel 2008.
L’AIDS è comunque la malattia infettiva che uccide più persone nel mondo, seguito dalla tubercolosi, con 1,4 milioni di morti all’anno, e dalla malaria con 1,2 milioni di morti.

3 ottobre 2013

Il Sud Sudan e la lotta all'AIDS

Si è tenuto a Juba, capitale del Sud Sudan, l’incontro tra il presidente del paese, Salva Kiir Mayardit, e il Vice Direttore Esecutivo dell’Unaids, Luiz Loures. E’ quanto riporta UNAIDS in un articolo di recente pubblicazione.

In tale incontro il presidente del piccolo paese situato nel centro-est dell’Africa, ha voluto ribadire la sua volontà, dopo aver vinto la battaglia per l’indipendenza, a vincere la guerra all’HIV/AIDS.
Il Sud Sudan infatti ha ottenuto l’indipendenza dal Sudan nel 2011, a seguito di una guerra civile che è durata 30 anni e che è costata la vita a più di 2,5 milioni di persone.
Il paese si trova ora in un difficile periodo di transizione. Dalla guerra alla pace, ed ora allo sviluppo con costruzione di infrastrutture per fornire servizi pubblici di base, per l’istruzione e per la sanità.
Il presidente del paese, elogiando questi sforzi, si è detto saldo nella volontà di garantire alla sua gente i servizi sanitari, garantendo la sicurezza a tutti i costi.

25 settembre 2013

AIDS in declino: Global Report di UNAIDS

Il 23 settembre UNAIDS ha pubblicato il Global Report sull'epidemia da AIDS 2013. Nel report viene sottolineata la marcata accelerazione verso il raggiungimento degli obiettivi del 2015. Le notizie sono incoraggianti, i commenti ottimisti.
Le nuove infezioni sono state 2.3 milioni nel 2012, una riduzione del 33% rispetto al 2001; tra i bambini la riduzione dei nuovi casi è stata del 52% rispetto al 2001, sono stati 260.000 nel 2012, la copertura con atiretrovirali tra le donne incinta è stata del 62% (esclusi i programmi con singola dose di Nevirapina).

23 settembre 2013

La voce delle nonne africane

Da Vancouver si è alzata una flebile voce africana, quella delle nonne. Il 7 settembre si è riunito l'African Grandmothers Tribunal, organizzazione che riunisce le nonne africane. Come è noto, l'AIDS in Africa sta lasciando orfana una generazione, si stima che in Africa ci siano 15 milioni di orfani da HIV; spesso questi bambini vivono con i nonni o con altri familiari più anziani. Le reti sociali familiari, anche se spesso insufficienti nelle grandi città africane, sono l'unico approdo per tanti bambini rimasti soli a causa della malattia. La generazione anziana rappresenta dunque una grande risorsa nel continente; è quanto viene espresso nell'appello che le nonne africane lanciano ai governanti del mondo: "è ora di riconoscere che le nonne sono in prima linea nella crisi dell'HIV/AIDS e i nostri diritti umani devono essere rispettati e protetti. Non permetteremo alla pandemia di AIDS di sconfiggere né distruggere le nostre comunità, ma non siamo in grado di farcela da sole. L'Africa non può sopravvivere senza di noi. Chiediamo di agire con urgenza e determinazione nel sostenere i nostri sforzi per assicurare la giustizia; è giunto il momento!"
Sono parole piene di speranza, pronunciate da anziani che hanno a cuore il futuro delle loro comunità, non pesi per la società ma persone che pesano nelle loro società. L'alleanza tra anziani e bambini può rappresentare quell'arca che traghetta l'Africa fuori dalla tempesta dell'AIDS.

19 settembre 2013

Diagnosi precoce neonatale in Mozambico

Il Ministero della Salute del Mozambico ha pubblicato dei dati sulla diagnosi precoce neonatale (EID, Early Infant Diagnosis) dell'infezione da HIV. Quando un bambino nasce da una madre sieropositiva ha circa il 30% di possibilità di nascere con un'infezione congenita da HIV se la madre non fa alcuna terapia; tale condizione è molto grave e porta a morte il 50% dei bambini entro i due anni di vita in assenza di trattamento. Con le attuali terapie e i moderni modelli di prevenzione materno-infantile, si raggiunge il 98% dei bambini che nascono sani da madri sieropositive. Ma ogni bambino che nasce necessita di una diagnostica in grado di identificare il prima possibile chi, nonostante i trattamenti, nasce con il virus; iniziare la terapia tempestivamente infatti può salvare la vita a tanti bambini. La diagnosi nel neonato non è semplice;

17 settembre 2013

Vaccino HIV: la storia continua

Dopo la notizia apparsa su Retrovirology (vedi nostro post), continua la ricerca sulle scimmie per trovare una risposta all’infezine da HIV. Questa volta la ricerca è stata pubblicata a settembre sul settimanale internazionale di scienze, Nature. Un vaccino è stato testato su alcune scimmie infettate con SIV (Simian Immunodeficiency Virus), l’equivalente dell’HIV umano. Il composto si è rivelato efficace su 16 macachi rhesus e ora verrà sperimentato anche sull’uomo.
L’equipe della Oregon Health and Science University, ha esaminato una forma aggressiva di virus chiamato SIVmac239, ottenendo ottimi risultati.
Il professore Louis Picker del Gene and therapy institute spiega che per la sperimentazione sono stati usati criteri molto rigidi.

14 settembre 2013

Il Kenya avanza nella lotta all'HIV

Il Kenya sta facendo passi da gigante nella lotta contro l'HIV / AIDS , con un calo della popolazione HIV positiva e un aumento del numero di persone che effettuano il test e ricevono il trattamento, secondo il Kenya AIDS Indicator Survey 2012 pubblicato il 10 settembre scorso .
Il Kenya ha la quarta più grande popolazione HIV positiva nel mondo , dopo Sud Africa , Nigeria e India . Ma il numero di keniani che vivono con la malattia è sceso da 1.4 a 1.2 milioni tra il 2007 e il 2012 .
La prevalenza di HIV tra gli adulti è scesa dal 7,2 al 5,6 per cento nello stesso periodo .
"Abbiamo fatto progressi enormi in Kenya , sia nel ridurre il numero di nuove infezioni sia nel mettere in trattamento le persone che vivono con HIV, " ha detto Maya Harper , Country director di UNAIDS in occasione del lancio del rapporto. "Il test, la conoscenza del proprio stato , la circoncisione maschile in Nyanza , il potenziamento dell’accesso alle cure - penso che questi siano stati i grandi passi avanti in Kenya negli ultimi cinque anni. "

10 settembre 2013

Il programma DREAM e la lotta alla malnutrizione

La malnutrizione è ancora un problema grave a livello globale, e ancora di più lo è in Africa Sub-Sahariana, dove il programma DREAM da oltre 10 anni fornisce, accanto al trattamento antiretrovirale, un sostegno alimentare ai pazienti malnutriti.
The Lancet riporta che in tutto il mondo 165 milioni di bambini sotto i 5 anni sono malnutriti, un dato che, seppur rappresentando una riduzione del 35% rispetto al 1990, resta drammaticamente alto. In Africa Sub-Sahariana tra il 36 e il 42% dei bambini sotto i 5 anni hanno difetti di crescita legati ad un'insufficiente nutrizione, la gran parte nei primi 1000 giorni dopo la nascita. Un altro aspetto preoccupante è la malnutrizione materna. In Africa e in Asia il 10% delle donne in età fertile è malnutrito, la malnutrizione in gravidanza è associata ad un aumento del rischio di mortalità materna e neonatale, a difetti di crescita nei primi due anni di vita, a scarsa produzione di latte con rischio aumentato di mortalità nei primi due anni di vita del bambino.
Il programma DREAM fin dagli inizi ha voluto associare alla terapia antiretrovirale un sostegno nutrizionale completo per i pazienti che ne hanno bisogno secondo criteri clinici.

6 settembre 2013

HIV: la terapia senza cibo non basta

AIDS e malnutrizione sono piaghe che colpiscono insieme; osservando le mappe della diffusione dell'HIV e della malnutrizione nel mondo si può notare come le aree maggiormente colpite siano le stesse. Cause simili e simili conseguenze. La povertà generale, un'igiene pubblica scadente, sistemi sanitari con scarse risorse, un'alimentazione povera ed insufficiente, sono alcuni dei fattori che aggravano l'infezione da HIV e favoriscono l'instaurarsi della malnutrizione. Entrambe svuotano progressivamente la persona, erodendone le difese immunitarie, portando l'organismo a consumare la massa magra e indebolendolo sempre di più.
Per questi motivi la terapia antiretrovirale, nei contesti in cui la malnutrizione è diffusa, deve essere accompagnata da un'integrazione alimentare. Viene messo in luce in un testo pubblicato dall'OMS questa estate.
"La perdita di peso e la denutrizione sono comuni nei pazienti con HIV, possono accelerare la progressione della malattia ed aumentare la morbidità e la mortalità. Anche dopo che i pazienti iniziano il trattamento antiretrovirale, un povero stato nutrizionale è altamente predittivo di morte."

4 settembre 2013

Dalla Tailandia il vaccino contro l’HIV?

Il governo tailandese avrà un ruolo di leadership nel sostenere uno studio sull'efficacia del vaccino contro l’HIV e nell’assistenza per la creazione di sistemi di produzione e di infrastrutture in grado di supportare la produzione di un vaccino registrato.
Il Ministero della Salute Pubblica e il Ministero della Scienza e della Tecnologia della Tailandia hanno annunciato il loro impegno a proseguire lo Studio RV144  per la ricerca di un vaccino efficace contro l’HIV. La notizia è stata data durante il vertice “AIDS Vaccine Efficacy Consortium (AVEC) il 29 agosto in Tailandia.
Il vertice ha attirato più di 150 partecipanti internazionali che hanno discusso l'obiettivo UNAIDS " tre zeri " per sradicare l'HIV / AIDS , con particolare attenzione all'importanza di sviluppare un vaccino per prevenire l'infezione da HIV. Tra i partecipanti, ricercatori internazionali , politici, uomini d'affari, e la società civile impegnata nella lotta contro l’AIDS.

2 settembre 2013

L'alleanza Europa-Africa nella lotta contro l'AIDS

L’alleanza Europa-Africa passa anche attraverso la lotta contro l’AIDS.

Nasce infatti da un sogno della Comunità di Sant’Egidio, nata nel 1968 a Roma e ora diffusa in 73 diversi continenti, il più grande programma ad approccio globale per curare l’AIDS in Africa: DREAM (Drug Resource Enhancement against AIDS and Malnutrition).
Il programma ha preso l’avvio nel 2002 in Mozambico in un piccolo centro a Machava, alla periferia di Maputo. Oggi DREAM è presente in tutto il paese con 13 centri di cura per l’AIDS, registrando dall’inizio circa 12 mila bambini nati liberi dall’HIV grazie al programma di prevenzione verticale. Senza le cure, il contagio madre-bambino sarebbe stato molto alto e la maggior parte di questi piccoli sarebbe andato incontro a morte entro il primo anno di vita.
La relazione tra il continente europeo e il continente africano si muove anche attraverso la stretta di mano tra il Vice Ministro italiano per lo Sviluppo Economico, Carlo Calenda, e il Vice Primo Ministro portoghese, Paulo Portas, avvenuta all’interno dei locali del Centro DREAM situato nel cuore della capitale mozambicana.

19 agosto 2013

The Mama Africa Award, perchè nessuna donna muoia per dare alla luce il figlio

Si è conclusa il 3 agosto, a Johannesburg,  la International Conference on Maternal, New-borns and Child Health in Africa (CMNCH), dopo 3 giorni consecutivi di intense discussioni e sessioni plenarie intorno alla ricerca di modi e di vie per ridurre la morbilità materna e infantile e la mortalità nel continente.

16 agosto 2013

Liberia e AIDS: stato dell'arte

Più di 19.000 persone infette con HIV in Liberia; è quanto riporta il NACP (National AIDS Control Program), organismo di controllo nazionale dell'epidemia. La Liberia è un piccolo paese dell'Africa Occidentale, con poco più di 4 milioni di abitanti, dove l'HIV è a livelli relativamente bassi. La diffusione dell'epidemia infatti si è concentrata maggiormente nei

paesi dell'Africa australe ed orientale (con tassi di prevalenza spesso ben oltre il 10%), mentre i paesi del golfo di Guinea e dell'Africa Occidentale presentano tassi di prevalenza decisamente più bassi, intorno all'1%. In Liberia l'HIV colpisce mediamente l'1,5% della popolazione, con una maggiore prevalenza nel sesso femminile (1,8% nelle donne, contro 1,2% negli uomini). Questi dati suggeriscono che, a livello teorico, il numero di persone sieropositive dovrebbe essere ben maggiore dei 19.000 riportati dal NACP (circa 60.000), indicando difficoltà nella diagnosi e nel raggiungimento di tutta la popolazione con i servizi di counselling e testing. Senpson Blamo Sieh, il Program Manager del NACP liberiano, riporta alcuni dati circa l'evoluzione dell'epidemia nel paese e le risposte messe in atto per far fronte all'infezione.