20 dicembre 2012

Santuari d'infezione: lì dove i farmaci non arrivano


Oggi l’AIDS è una malattia che si riesce a controllare. 
Dall’introduzione della terapia HAART (Highly Active Anti Retroviral Therapy) nel 1996, l’infezione da HIV si è trasformata da malattia acuta rapidamente letale ad infezione potenzialmente cronica. In poco più di dieci anni dall'identificazione della causa dell'AIDS è stata resa disponibile una terapia efficace; questo è il risultato di un ingente sforzo scientifico ed economico da parte della comunità internazionale. È stato un enorme passo avanti, che ha reso l’AIDS una patologia con la quale oggi è possibile convivere. Molti altri passi restano però da compiere, l’eradicazione dell’infezione sembra ancora lontana. I farmaci attualmente disponibili non riescono ad uccidere definitivamente il virus, ma ne riducono la replicazione. Questo avviene per il persistere di una certa replicazione virale, nei cosiddetti "santuari" o "reservoir" durante la fase di soppressione indotta dalla terapia. La sede di tali reservoir è oggetto di studi da anni, si pensa si tratti di stazioni linfonodali o del sistema nervoso centrale, ma la sede cellulare è a tutt’oggi sconosciuta. L’identificazione dei reservoir è di cruciale importanza per capire dove i virus continuano a replicarsi, anche in pazienti sotto terapia antiretrovirale con carica virale prossima allo zero (zero particelle virali nel sangue). Se si riuscirà a fare chiarezza su questo punto della storia naturale dell’infezione da HIV ,sarà possibile pensare terapie farmacologiche volte ad eradicare completamente il virus.
Un recente studio comincia a fornire alcune risposte. I ricercatori del Lusanna University Hospital hanno pubblicato su The Journal of ExperimentalMedicine un lavoro che  individua nelle cellule T follicular helper (Tfh) i possibili reservoirs d’infezione. I linfociti T follicular helper sono linfociti T presenti nei follicoli a cellule B degli organi linfoidi secondari,  quali linfonodi, milza, placche del Peyer ed altri; sono cellule già note tra l’altro per essere implicate nella fisiopatogenesi di alcune malattie autoimmunitarie e nella risposta immune all’infezione da vibio cholera. Secondo lo studio dei ricercatori svizzeri le cellule Tfh sono la popolazione cellulare che maggiormente esprime DNA virale (DNA di HIV entrato nella cellula ospite), capace di sostenere l’infezione in vitro e presente in tutti i pazienti infetti (anche quelli con bassa viremia) in proporzione con il grado di moltiplicazione virale. I ricercatori concludono: these results demonstrate that Tfh cells serve as the major CD4 T cell compartment for HIV infection, replication, and production.
Anche se non definitivi, questi risultati cominciano ad indicare quale popolazione cellulare potrebbe essere sede della replicazione virale anche in fase di soppressione virologica sotto terapia. La portata di tale scoperta, se confermata da ulteriori studi, è grande. Capire cosa succede al virus durante la terapia antiretrovirale è di cruciale importanza per impostare studi farmacologici volti all’eradicazione dell’infezione.