Il Ministero della Salute del Mozambico ha pubblicato dei dati sulla diagnosi precoce neonatale (EID, Early Infant Diagnosis) dell'infezione da HIV. Quando un bambino nasce da una madre sieropositiva ha circa il 30% di possibilità di nascere con un'infezione congenita da HIV se la madre non fa alcuna terapia; tale condizione è molto grave e porta a morte il 50% dei bambini entro i due anni di vita in assenza di trattamento. Con le attuali terapie e i moderni modelli di prevenzione materno-infantile, si raggiunge il 98% dei bambini che nascono sani da madri sieropositive. Ma ogni bambino che nasce necessita di una diagnostica in grado di identificare il prima possibile chi, nonostante i trattamenti, nasce con il virus; iniziare la terapia tempestivamente infatti può salvare la vita a tanti bambini. La diagnosi nel neonato non è semplice;
i comuni test diagnostici utilizzati negli adulti svelano l'infezione da HIV rilevando la presenza in circolo di anticorpi contro il virus; nei neonati però, parte del sangue presente in circolo è ancora materno, quindi è possibile rinvenire anticorpi anti-HIV in bambini non infetti, ma che albergano ancora tali anticorpi materni. Da diversi anni è però disponibile una metodica di laboratorio che consente di eseguire la diagnosi precoce neonatale, basando sull'amplificazione con PCR (Polymerase Chain Reaction) per rilevare il genoma virale integrato nelle cellule del neonato. Inoltre la metodica può essere effettuata su particolari campioni di sangue denominati DBS (Dried Blood Spot, letteralmente "puntini di sangue secco"), che permettono una facile conservazione dei campioni e il loro trasporto anche a lunghe distanze.
i comuni test diagnostici utilizzati negli adulti svelano l'infezione da HIV rilevando la presenza in circolo di anticorpi contro il virus; nei neonati però, parte del sangue presente in circolo è ancora materno, quindi è possibile rinvenire anticorpi anti-HIV in bambini non infetti, ma che albergano ancora tali anticorpi materni. Da diversi anni è però disponibile una metodica di laboratorio che consente di eseguire la diagnosi precoce neonatale, basando sull'amplificazione con PCR (Polymerase Chain Reaction) per rilevare il genoma virale integrato nelle cellule del neonato. Inoltre la metodica può essere effettuata su particolari campioni di sangue denominati DBS (Dried Blood Spot, letteralmente "puntini di sangue secco"), che permettono una facile conservazione dei campioni e il loro trasporto anche a lunghe distanze.
Con la EID è possibile identificare i bambini infettati fin da subito dopo la nascita e di iniziare quindi una terapia tempestiva.
Il Mozambico, come altri paesi dell'Africa Sub-Sahariana, ha iniziato ad utilizzare queste nuove metodiche per ampliare i programmi di EID, integrati nei piani di prevenzione materno-infantile. Il report pubblicato (disponibile a questo indirizzo) riporta alcuni dati sull'espansione dell'EID; in tre anni il numero di test eseguiti è cresciuto enormemente: nel 2007 sono stati effettuati 5.892 test, mentre nel 2011 il numero di campioni analizzati ha raggiunto i 40.622, mentre il numero di centri di salute in cui è possibile raccogliere i campioni da analizzare è passato da 95 nel 2007 a 461 alla fine del 2011.
Il Mozambico è un paese che sta cercando di affrontare la pandemia con diversi mezzi, la EID è sicuramente una metodica avanzata che permette di salvare la vita a molti bambini; ne va incrementata la diffusione, ma, soprattutto, è necessario espandere sempre più i programmi di prevenzione materno-infantile, cosicché la EID risulti essere solo una conferma della sieronegatività dei bambini.