Il Malawi: un piccolo stato dell’Africa orientale che si estende per circa 900 km ed occupato per circa un quinto della sua superficie dal Lago Malawi, il terzo lago più grande dell’Africa.
Ha tredici milioni di abitanti: tre quarti vivono con meno di 1,25 dollari al giorno, con un’economia basata sull’agricoltura (produzione di tabacco, tè e zucchero in particolare).
Oggi la principale causa di morte è rappresentata dall’HIV e dalle sue complicanze.
In Malawi, circa 1 milione di persone vive con l’HIV, con una prevalenza del 10% tra gli adulti
e del 10.6% tra le donne in gravidanza
(Country progress reports 2012). Anche in questo piccolo Paese, agli occhi di tanti forse insignificante, tra il 2004 e il 2005 prende avvio il Programma DREAM per il trattamento dell’HIV.
Nel centro di Mthengo wa Ntengha, il primo aperto nel paese, nell’agosto del 2005, avverrà l’incontro tra DREAM e una donna africana: Pacem Kawonga, autrice di un'autobiografia mozzafiato e bellissima, ricca di sentimento e passione:
“Un domani per i miei bambini”, pubblicato nell’aprile 2013 dalla casa editrice Piemme .
Pacem, scoperto nel 2005 il suo stato di sieropositiva, decide di affidarsi in tutto e per tutto a DREAM per la cura sua e per quella della piccola Melinda, figlia nata prima dell’inizio del trattamento antiretrovirale e purtroppo sieropositiva anche lei.
Attivista DREAM e successivamente responsabile per il Malawi del Movimento
“I DREAM”, nel 2007 diventa coordinatrice del Centro DREAM di Mthengo.
Pacem, da quel primo incontro del 2005, insieme ad altri attivisti, ha sentito la responsabilità, dopo aver ricevuto tanto, di portare speranza, amore, forza e coraggio alle donne sieropositive del suo paese e non solo, aiutandole a trovare delle strade per per rivelare la loro condizione ai mariti incoraggiandole a vivere con maggiori speranza e fiducia.
Nel 2012 la sua voce è arrivata fino a New York, al palazzo dell’ONU, in cui durante
l’
“Unite for Universal Access - UN high level meeting on AIDS”, importante incontro mondiale sulla lotta all’HIV/AIDS a livello globale, è intervenuta portando con la sua testimonianza l’energia e il potere datole dalla “resurrezione che le ha cambiato la vita”, grazie all’accesso alla tripla-terapia antiretrovirale, l’unica in grado di far retrocedere il virus e di impedire la trasmissione materno-infantile. Parlava Pacem in quell’occasione di “diritto ad accedere al trattamento, al di là di ogni distinzione di razza, genere, religione, età e condizione socio-economica”, chiedendo “l’accesso universale al trattamento, gratuito per tutti, in tutto il Sud del Mondo”. Concludeva Pacem: “Da subito il programma DREAM ha proposto l’Accesso Universale al trattamento per le donne HIV positive. Se un paese povero come il Malawi riesce a fare questo, allora è davvero possibile la speranza”.
Pacem ha assistito a questa storia di resurrezione, la sua ma anche quella del suo popolo, e ha deciso di raccontarlo in un libro. Con coraggio ha deciso di mettere nero su bianco la sua vita, dalla condanna di una diagnosi di sieropositività, alla speranza rinata in lei dopo aver conosciuto DREAM e quelli che ormai sono i suoi amici della Comunità di Sant’Egidio. Aspettava la morte, invece è rinata ad una nuova vita. Racconta bene il primo incontro con gli operatori del centro e il suo stupore nel trovarsi in luogo tanto accogliente. “Benvenuta”, è stata la prima parola rivoltale, tornando ad essere non solo una malata, ma una persona con una storia e con delle aspettative, “non un numero, ma Pacem”. In quel momento si rese conto che non sarebbe più stata abbandonata.
Da quel primo incontro con DREAM ha assistito alla nascita di oltre 700 bambini. “Sani. Nati da madri sieropositive che si sono sottoposte al trattamento. È una cifra approssimativa, riguarda solo Mthengo wa Ntengha. Nei centri DREAM sparsi in Malawi sono oltre 5000 e in tutta l’Africa circa 20.000…un popolo che nasce e cresce…che porta speranza”. È l’orgoglio di Pacem!
Pacem oggi continua il suo lavoro al Centro DREAM di Mthengo wa Ntengha, continuando a dispensare una terapia fatta di “umanità”, prima ancora che di farmaci, così come è stato per lei 8 anni fa. Ancora non crede (quasi) di essere viva. “Ma quando rinasce la speranza rinasce la vita. E vede resurrezioni. Tante.”