La scorsa estate è stato celebrato il decimo anniversario
della nascita del PEPFAR (President’s Emergency Plan for AIDS Relief), piano
finanziario creato dall’allora presidente George W. Bush per fronteggiare l’infezione
da HIV in Africa Sub-Sahariana. A tale celebrazione abbiamo dedicato in giugno
un post su questo blog. Oggi si torna a parlare di PEPFAR, ma i toni sono
decisamente meno positivi; il New England Journal of Medicine (NEJM) pubblica
un articolo dal titolo “PEPFAR in Transition”, che apre scenari preoccupanti
per la salute dei pazienti HIV+ in molti paesi, tra cui il Sud Africa, uno dei
paesi più colpiti dall’infezione. Il NEJM dà notizia dell’annuncio fatto nel
mese di agosto dal governo statunitense, che si accinge a tagliare il budget
del PEPFAR in molti paesi, tra cui il Sud Africa. Gli Stati Uniti, nei 10 anni
di vita del PEPFAR, hanno stanziato fondi per 44 miliardi di dollari,
finanziando il trattamento per più di 5 milioni di persone in paesi a risorse
limitate in Africa. Il Sudafrica riceve più di 500 milioni di dollari all’anno
da parte del PEPFAR, ma è anche l’unico paese, tra quelli finanziati dal
PEPFAR, che ha supportato autonomamente la maggior parte del bilancio per l’HIV
negli ultimi 5 anni. I finanziamenti del PEPFAR curano in Sudafrica 1,7 milioni
di pazienti HIV+, questi pazienti dovrebbero passare dai centri gestiti dal
PEPFAR a quelli gestiti direttamente dal governo. Gli osservatori sono
preoccupati che questa transizione di quasi 2 milioni di pazienti possa portare
ad un sovraffollamento dei centri sanitari governativi, dove lunghi tempi
d’attesa e mancanza di farmaci sono peraltro fenomeni già molto comuni. Altri
commentatori elogiano invece l’iniziativa del PEPFAR come l’inizio dell’indipendenza
sanitaria del Sudafrica.
Ma l’Africa non è tutta Sudafrica;
la gran parte del
continente non ha le capacità economiche e sanitarie del fratello sudafricano e
l’abbandono da parte del PEPFAR rischia di essere una rovina in molti paesi e
una condanna per milioni di pazienti.
Con la crisi economica americana molti hanno sostenuto che
l’aiuto all’Africa non era più sostenibile da un paese che faticava a finanziare
le proprie spese, e oggi l’exit strategy
americana si fa più concreta.
Restano aperte molte domande. Riusciranno i paesi africani a
fronteggiare le spese per l’HIV da soli? È questo il momento opportuno per
iniziare la ritirata? Non si rischia di far fallire i tanti sforzi compiuti
negli ultimi anni? Non è necessaria maggiore prudenza? Che sarà dei milioni di pazienti
curati dal PEPFAR?