20 dicembre 2013

AIDS, dall'epilessia la speranza di un nuovo farmaco

Un anti-infiammatorio, testato su chi soffre di attacchi epilettici, potrebbe bloccare l’avanzamento dell’HIV nel corpo del paziente infetto.

E’ quanto rivelato da due ricerche statunitensi pubblicate sulle riviste Science e Nature.
Lo studio, condotto dal dottor Warner Greene dell’Istituto Gladstone di San Francisco, è partito da come il virus attacca le cellule umane.
Una volta penetrato nella cellula infettata, l’HIV libera il proprio patrimonio genetico rappresentato da RNA, e grazie all'attività della trascrittasi inversa (che fa trascrivere in DNA l'informazione genetica contenuta nell'RNA del virus) trasforma il suo RNA in DNA, capace di integrarsi con i geni della cellula ospite. L'infezione nei linfociti può restare silente, cioè la cellula sopravvive, trasportando il genoma del virus, chiamato provirus, come parte del proprio patrimonio genetico. Occasionalmente il provirus può "esprimersi", cioè venire trascritto, obbligando la cellula a produrre numerose nuove particelle virali; in tal caso il linfocita T infetto va incontro a morte, lisa (si rompe) e libera i virus in esso contenuti, che possono ulteriormente infettare altri linfociti T.

Quando le cellule resistono all'attacco e non si trasformano in produttori di virus, l'HIV riesce a innescare un meccanismo di autodistruzione, secondo il quale le cellule sferrano un attacco letale a se stesse. Il processo chiamato pyroptosis, in cui le cellule morenti scatenano una risposta infiammatoria feroce (più simile ad un suicidio che ad un omicidio, spiega Greene) si dilaga alle cellule vicine tramite un processo simile appunto a quello dell'infiammazione.
Una delle proteine chiave coinvolta in tale processo è la caspasi-1, bloccata dal farmaco contro l’epilessia.


Il farmaco è stato inizialmente testato su soggetti che non rispondevano ai normali farmaci anti-epilettici. Tuttavia i risultati non sono stati soddisfacenti e lo sviluppo del farmaco era stato abbandonato. Adesso i ricercatori vogliono proseguire la ricerca, questa volta però su malati di AIDS. L’utilizzo di tale farmaco potrebbe rappresentare una svolta per quei malati sui quali i farmaci “tradizionali” non hanno alcun effetto.

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