31 ottobre 2013

DREAM: un sogno in crescita

1.500.000 persone raggiunte tra Mozambico, Malawi, Tanzania, Kenya, Repubblica di Guinea, Guinea Bissau, Camerun, Congo RDC, Angola e Nigeria. È una lunga lista quella dei paesi in cui il programma DREAM della Comunità di Sant'Egidio, fondata da Andrea Riccardi è attivo, e il numero di persone che giovano del programma sta crescendo sempre più. L'aggiornamento dei "numeri di DREAM", presentato pochi giorni fa mostra un'esperienza che sta diventando sempre più importante in Africa Sub-sahariana nella lotta all'HIV. 10 paesi, 38 centri, 20 laboratori, 225.000 pazienti assistiti: sono numeri che parlano di quanto l'Africa stia cambiando. L'Africa, come ogni paziente in cura, sta riprendendo a vivere, a camminare, a lavorare; più di 5.000 professionisti africani sono stati formati da DREAM nel corso degli anni e sono ora impegnati nello sviluppo dei loro paesi; essi rappresentano il segno di un'Africa che si rimette in piedi e comincia a ricostruirsi un futuro. Ma più di tutto, il futuro del continente africano è letteralmente incarnato dai 22.500 bambini nati sani da madri sieropositive nel programma; quello di far nascere bambini sani è stato un impegno che DREAM si è preso fin dall'inizio, nella convinzione che potesse essere l'unica strada per cambiare veramente l'Africa.
Tutto è cominciato 12 anni fa in Mozambico,
con i primi centri di cura, e i numeri che oggi vengono pubblicati erano forse solo un sogno lontano. Al tempo la situazione internazionale era molto diversa da oggi; il minimalismo degli interventi, il pregiudizio sulle popolazioni africane, la difficoltà a costruire una visione sul futuro dell'Africa che non fosse solo prevenzione, segnavano la condotta e le decisioni delle grandi agenzie internazionali. DREAM sembrava un sogno, un'illusione, una bella idea forse, ma irrealizzabile.
La pazienza e la determinazione, però, hanno vinto. Dopo anni di lavoro silenzioso sul campo, molti si sono accorti di DREAM, fino a quando l'Organizzazione Mondiale della Sanità (2010) non ha deciso di consigliare protocolli sostanzialmente uguali a quelli di DREAM. Molte delle battaglie che il programma DREAM ha condotto negli anni sono ora universalmente condivise dalla comunità internazionale per affrontare la pandemia da HIV: la triterapia alle donne incinta, l'allattamento al seno con copertura antiretrovirale, la necessità del monitoraggio con carica virale per tutti i pazienti, la indissolubilità dell'intervento anti-HIV con quello contro la malnutrizione, la convenienza anche economica di una cura completa, sono solo alcuni esempi.
Oggi i numeri di DREAM sono una buona notizia per il continente, ci narrano un'avventura che ha mostrato la possibilità di affrontare efficacemente l'HIV, ma ci ricordano quanto ancora ci sia da fare e quanto sia cruciale l'interesse per l'Africa, anche in un momento di crisi come quello che stiamo vivendo. L'interesse, la preoccupazione, il senso di ingiustizia hanno dato alla luce DREAM, muovendo le coscienze, aprendo nuove strade che sembravano chiuse, sbloccando tante situazioni che sembravano paralizzate.
DREAM rappresenta il solo mix che può rispondere in profondità al dramma della pandemia da HIV in Africa: un mix di professionalità scientifica di alto livello e di sapienza umana.

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