23 giugno 2015

HIV, individuati due nuovi bersagli

Sono risultati di primaria importanza per lo studio dell’infezione da HIV quelli pubblicati qualche giorno fa da un gruppo milanese dell’IRCCS Ospedale San Raffaele e dall’omonima Università sulla rivista PNAS. Il gruppo ha infatti individuato due nuovi potenziali bersagli farmacologici nella lotta contro l’HIVall’interno del sistema nervoso centrale, un modo per riuscire a controllare il meccanismo che governa la persistenza e propagazione del virus in quel particolare organo e, forse, anche in altri.
“Il virus dell’HIV oltre a infettare i linfociti T, uccidendoli, contagia anche i macrofagi, cellule che hanno lo scopo di fagocitare particelle estranee come appunto virus o batteri”, spiega Guido Poli, autore senior dello studio. “La differenza rispetto ai linfociti T è che i macrofagi non vengono eliminati dal virus, ma semplicemente lo accumulano progressivamente all’interno del loro citoplasma in vacuoli o macrovescicole. Diventano così essi stessi vere e proprie bombe virologiche che garantiscono la persistenza del virus in diversi organi e tessuti, in particolare nel cervello, privo di linfociti, dove può causare un’encefalite mortale.”

Questi macrofagi “ammalati” rilasciano piccole quantità di particelle virali, ma finora non era noto se esistesse un meccanismo di rilascio controllabile farmacologicamente. La risposta affermativa è arrivata da un attore in parte inaspettato: la molecola ATP (adenosina-trifosfato), nota per essere la principale fonte di energia delle cellule, ma anche un segnale di pericolo quando rilasciata nell’ambiente extracellulare per le sue proprietà infiammatorie. Utilizzando questa molecola i ricercatori hanno dimostrato che, stimolando i macrofagi infettati con ATP, mediante il legame a un suo noto recettore sulla superficie delle cellule, P2X7, questi rilasciavano rapidamente la maggior parte delle particelle virali accumulate.
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Il gruppo ha quindi individuato un secondo fattore chiave del meccanismo di rilascio delle particelle virali, ma anche la possibilità di poter bloccare questo meccanismo, non solo con antagonisti di P2X7, ma anche grazie a un farmaco antidepressivo. Si tratta dell’Imipramina, che ha la proprietà di inibire la produzione di microvescicole dalle cellule, una particolare modalità con cui le cellule si liberano del loro contenuto e comunicano con l’ambiente circostante.

Ora si tratterà di passare dagli studi in vitro a quelli in vivo per verificare se la scoperta abbia effettivamente implicazioni cliniche

15 giugno 2015

Farmaci anti HIV: nuova formulazione "tasty" per i più piccoli

È stata inventata una nuova formulazione per il trattamento dell’HIV pediatrico: delle piccole palline che possono essere aggiunte agli alimenti per i bambini. I piccoli pazienti hiv positivi potranno infatti beneficiare della decisione della US Food and Drug Administration che ha concesso l’approvazione ad una nuova formulazione antiretrovirale che può essere miscelata con il cibo per rendere più facile ai bambini prendere farmaci salvavita. I granuli orali, prodotti dall’industria indiana di farmaci generici, la CIPLA, contengono una formulazione di lopinavir e ritonavir che può essere miscelata con il cibo del bambino. “Il trattamento è stabile al calore e più appetibile dei farmaci attualmente disponibili, il che lo rende particolarmente adatto al trattamento dei bambini molto piccoli”, secondo una dichiarazione rilasciata congiuntamente da Unicef ​​e UNAIDS.

11 giugno 2015

AIDS, incrementare la diagnosi delle infezioni opportunistiche

Nonostante i progressi nell’accesso alla terapia antiretrovirale, ancora circa un terzo delle persone con HIV in Africa inizia la terapia quando la malattia è già ad uno stadio avanzato, e la mortalità nei primi mesi di trattamento è molto più elevata in Africa che in Europa. La maggior parte di queste morti è dovuta ad infezioni opportunistiche quali la tubercolosi e la meningite da criptococco. 
Un trial clinico effettuato in Zambia e Tanzania su pazienti che iniziavano la terapia con meno di 200 CD4 ha paragonato l’approccio standard con un approccio che utilizzava sia il supporto di operatori non sanitari sull’aderenza, sia un test antigenico per il criptococco. In questo secondo gruppo, la mortalità è risultata diminuita del 28%.
La tubercolosi si è confermata una coinfezione molto diffusa, infatti il 16% del campione si presentava già in terapia tubercolare mentre un altro 11% veniva diagnosticato all’arruolamento.

L’uso di diagnostica avanzata per la tubercolosi (ad esempio il test molecolare GeneXpert) e l’uso di test sierologici per l’antigene del criptococco si dimostrano quindi strumenti validi per migliorare la sopravvivenza delle persone con HIV in stadio avanzato. La diffusione di tali strumenti su larga scala è una delle prossime frontiere della lotta all’AIDS.

5 giugno 2015

Infezioni opportunistiche e mortalità

L’incidenza dei casi di HIV/AIDS ha mostrato un declino negli ultimi anni, il che offre una speranza che la malattia non sia più una condanna a morte.
Le nuove forme di trattamento e di educazione alla salute stanno mantenendo bassi i tassi di infezione, tuttavia una recente ricerca suggerisce che c’è ancora spazio di miglioramento. Un nuovo studio pubblicato su Journal of Infectious Diseases raccoglie 30 anni di dati su più di 20.000 pazienti affetti da HIV/AIDS in San Francisco, Stati Uniti. Tra gli anni 1997 e 2012, il 35% (circa un terzo) dei pazienti affetti da AIDS è deceduto entro cinque anni dalla diagnosi di infezione opportunista.
Le infezioni opportunistiche, che spesso possono essere combattute con facilità da un sistema immunitario sano, rappresentano il rischio maggiore per pazienti affetti da HIV, soprattutto quando la condizione è progredita in AIDS. Quando questa progressione si verifica, il sistema immunitario del paziente è troppo debole per combattere i germi comuni con cui entriamo in contatto ogni giorno, portando a gravi complicazioni e talvolta alla morte. 

1 giugno 2015

La salute del mondo: World Health Statistics 2014

Si vive di più, ma il mondo è sempre più separato tra paesi ricchi e paesi poveri. Emerge con chiarezza dal World Health Statistics 2014 pubblicato dall'OMS.
Ci sono molte buone notizie: le morti per morbillo si sono ridotte drasticamente, la malattia del sonno è ai minimi storici, l'aspettativa di vita si è allungata mediamente di 6 anni rispetto a 15 anni fa; ma muoiono ancora 800 donne al giorno per cause connesse al parto o alla gravidanza e il rischio di morire prima dei 5 anni di vita è ancora 8 volte maggiore nei paesi in via di sviluppo.
Ma le divisioni sono ancora enormi.