23 giugno 2015

HIV, individuati due nuovi bersagli

Sono risultati di primaria importanza per lo studio dell’infezione da HIV quelli pubblicati qualche giorno fa da un gruppo milanese dell’IRCCS Ospedale San Raffaele e dall’omonima Università sulla rivista PNAS. Il gruppo ha infatti individuato due nuovi potenziali bersagli farmacologici nella lotta contro l’HIVall’interno del sistema nervoso centrale, un modo per riuscire a controllare il meccanismo che governa la persistenza e propagazione del virus in quel particolare organo e, forse, anche in altri.
“Il virus dell’HIV oltre a infettare i linfociti T, uccidendoli, contagia anche i macrofagi, cellule che hanno lo scopo di fagocitare particelle estranee come appunto virus o batteri”, spiega Guido Poli, autore senior dello studio. “La differenza rispetto ai linfociti T è che i macrofagi non vengono eliminati dal virus, ma semplicemente lo accumulano progressivamente all’interno del loro citoplasma in vacuoli o macrovescicole. Diventano così essi stessi vere e proprie bombe virologiche che garantiscono la persistenza del virus in diversi organi e tessuti, in particolare nel cervello, privo di linfociti, dove può causare un’encefalite mortale.”

Questi macrofagi “ammalati” rilasciano piccole quantità di particelle virali, ma finora non era noto se esistesse un meccanismo di rilascio controllabile farmacologicamente. La risposta affermativa è arrivata da un attore in parte inaspettato: la molecola ATP (adenosina-trifosfato), nota per essere la principale fonte di energia delle cellule, ma anche un segnale di pericolo quando rilasciata nell’ambiente extracellulare per le sue proprietà infiammatorie. Utilizzando questa molecola i ricercatori hanno dimostrato che, stimolando i macrofagi infettati con ATP, mediante il legame a un suo noto recettore sulla superficie delle cellule, P2X7, questi rilasciavano rapidamente la maggior parte delle particelle virali accumulate.
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Il gruppo ha quindi individuato un secondo fattore chiave del meccanismo di rilascio delle particelle virali, ma anche la possibilità di poter bloccare questo meccanismo, non solo con antagonisti di P2X7, ma anche grazie a un farmaco antidepressivo. Si tratta dell’Imipramina, che ha la proprietà di inibire la produzione di microvescicole dalle cellule, una particolare modalità con cui le cellule si liberano del loro contenuto e comunicano con l’ambiente circostante.

Ora si tratterà di passare dagli studi in vitro a quelli in vivo per verificare se la scoperta abbia effettivamente implicazioni cliniche

15 giugno 2015

Farmaci anti HIV: nuova formulazione "tasty" per i più piccoli

È stata inventata una nuova formulazione per il trattamento dell’HIV pediatrico: delle piccole palline che possono essere aggiunte agli alimenti per i bambini. I piccoli pazienti hiv positivi potranno infatti beneficiare della decisione della US Food and Drug Administration che ha concesso l’approvazione ad una nuova formulazione antiretrovirale che può essere miscelata con il cibo per rendere più facile ai bambini prendere farmaci salvavita. I granuli orali, prodotti dall’industria indiana di farmaci generici, la CIPLA, contengono una formulazione di lopinavir e ritonavir che può essere miscelata con il cibo del bambino. “Il trattamento è stabile al calore e più appetibile dei farmaci attualmente disponibili, il che lo rende particolarmente adatto al trattamento dei bambini molto piccoli”, secondo una dichiarazione rilasciata congiuntamente da Unicef ​​e UNAIDS.

11 giugno 2015

AIDS, incrementare la diagnosi delle infezioni opportunistiche

Nonostante i progressi nell’accesso alla terapia antiretrovirale, ancora circa un terzo delle persone con HIV in Africa inizia la terapia quando la malattia è già ad uno stadio avanzato, e la mortalità nei primi mesi di trattamento è molto più elevata in Africa che in Europa. La maggior parte di queste morti è dovuta ad infezioni opportunistiche quali la tubercolosi e la meningite da criptococco. 
Un trial clinico effettuato in Zambia e Tanzania su pazienti che iniziavano la terapia con meno di 200 CD4 ha paragonato l’approccio standard con un approccio che utilizzava sia il supporto di operatori non sanitari sull’aderenza, sia un test antigenico per il criptococco. In questo secondo gruppo, la mortalità è risultata diminuita del 28%.
La tubercolosi si è confermata una coinfezione molto diffusa, infatti il 16% del campione si presentava già in terapia tubercolare mentre un altro 11% veniva diagnosticato all’arruolamento.

L’uso di diagnostica avanzata per la tubercolosi (ad esempio il test molecolare GeneXpert) e l’uso di test sierologici per l’antigene del criptococco si dimostrano quindi strumenti validi per migliorare la sopravvivenza delle persone con HIV in stadio avanzato. La diffusione di tali strumenti su larga scala è una delle prossime frontiere della lotta all’AIDS.

5 giugno 2015

Infezioni opportunistiche e mortalità

L’incidenza dei casi di HIV/AIDS ha mostrato un declino negli ultimi anni, il che offre una speranza che la malattia non sia più una condanna a morte.
Le nuove forme di trattamento e di educazione alla salute stanno mantenendo bassi i tassi di infezione, tuttavia una recente ricerca suggerisce che c’è ancora spazio di miglioramento. Un nuovo studio pubblicato su Journal of Infectious Diseases raccoglie 30 anni di dati su più di 20.000 pazienti affetti da HIV/AIDS in San Francisco, Stati Uniti. Tra gli anni 1997 e 2012, il 35% (circa un terzo) dei pazienti affetti da AIDS è deceduto entro cinque anni dalla diagnosi di infezione opportunista.
Le infezioni opportunistiche, che spesso possono essere combattute con facilità da un sistema immunitario sano, rappresentano il rischio maggiore per pazienti affetti da HIV, soprattutto quando la condizione è progredita in AIDS. Quando questa progressione si verifica, il sistema immunitario del paziente è troppo debole per combattere i germi comuni con cui entriamo in contatto ogni giorno, portando a gravi complicazioni e talvolta alla morte. 

1 giugno 2015

La salute del mondo: World Health Statistics 2014

Si vive di più, ma il mondo è sempre più separato tra paesi ricchi e paesi poveri. Emerge con chiarezza dal World Health Statistics 2014 pubblicato dall'OMS.
Ci sono molte buone notizie: le morti per morbillo si sono ridotte drasticamente, la malattia del sonno è ai minimi storici, l'aspettativa di vita si è allungata mediamente di 6 anni rispetto a 15 anni fa; ma muoiono ancora 800 donne al giorno per cause connesse al parto o alla gravidanza e il rischio di morire prima dei 5 anni di vita è ancora 8 volte maggiore nei paesi in via di sviluppo.
Ma le divisioni sono ancora enormi.

28 maggio 2015

Verso l'inizio immediato della terapia?

Nuove prove che iniziare la terapia antiretrovirale a livelli di CD4 più elevati abbia un effetto positivo vengono dai primi risultati dello studio randomizzato START, un grande studio finanziato dal National Institute of Allergy and Infectious Diseases, in cui una metà dei partecipanti ha cominciato a prendere la terapia a livelli elevati di CD4 (500cell/mm3 o più alti) mentre l’altra metà la prendeva quando i CD4 erano scesi sotto le 350 cell /mm3.
Questi risultati, ha detto Jens Lundgren, dell’Università di Copenhagen e uno dei direttori dello studio, supportano il trattamento precoce dell’infezione, qualsiasi sia il livello dei CD4.
Il rischio di andare incontro a morte o ad eventi gravi, sia correlati che non correlati all’AIDS, si riduceva della metà nelle persone che iniziavano precocemente la terapia. 
Anche UNAIDS saluta queste nuove evidenze che vanno nella direzione di un’accelerazione nella lotta all’epidemia.
Lo studio START supporta l’attitudine delle linee guida americane che raccomandano l’inizio della terapia antiretrovirale a qualsiasi livello di CD4.
D'altra parte, sono noti già da tempo i benefici di iniziare la terapia a 350 CD4 piuttosto che a livelli inferiori. Nel 2010 infatti l'OMS aveva aggiornato le linee guida innalzando la soglia di inizio trattamento appunto a 350 CD4, sulla base di una review internazionale e di diverse esperienze sul campo tra cui quella del Programma DREAM.

L'annuncio di START segue una serie di risultati della ricerca nel corso degli ultimi anni che indicano i benefici per la salute di iniziare il trattamento dell'HIV più precocemente. I risultati di questi studi avranno un ruolo importante nella formazione delle nuove linee guida di trattamento dalla Organizzazione Mondiale della Sanità che dovrebbero essere rilasciate entro il 2015.

25 maggio 2015

Sudafrica: polemica sulla distribuzione dei farmaci antiretrovirali



L'HIV continua a generare polemiche in Sudarfica. Il ministro della salute Aaron Motsoaledi è dovuto rientrare improvvisamente da Ginevra dove si trovava per presenziare alla 68° World Health Assembly. In Sudafrica è infatti scoppiata la polemica intorno alla scarsità di farmaci antiretrovirali nel paese, in particolare nella regione orientale del Kwa Zulu Natal, una delle provincie più colpite dal virus. Alcuni pazienti hanno riferito sui  media di essere stati mandati via dagli ospedali senza medicine per mancanza di forniture, altre fonti riferiscono che il sistema di distribuzione dei farmaci è al collasso. Motsoaledi ha negato dicendo che il sistema è sotto controllo.
Il Sudafrica gestisce il programma di cura dell'HIV più vasto del mondo: 3 milioni di pazienti in cura, che nel giro di un anno diventeranno 4,6 milioni; il 30% di tutti i pazienti con HIV in trattamento al mondo vive in Sudarfica. Si tratta senza dubbio di un enorme sforzo della sanità sudafricana nel contrasto all'infezione.
La gestione della distribuzione dei farmaci è però un noto punto dolente di tutti i programmi nazionali di cura dell'HIV/AIDS in Africa.

20 maggio 2015

Ebola, perché la Liberia ha vinto




La Liberia ha interrotto sul suo territorio la trasmissione del virus Ebola, dopo un’epidemia durata 14 mesi, mentre Guinea e Sierra Leone stanno ancora lottando per fermarla. L’OMS ha identificato 4 fattori che hanno contribuito all’efficacia della lotta all’epidemia: prima di tutto, la decisiva leadership mostrata dalla presidente Ellen Sirleaf, che ha valutato abbastanza rapidamente le dimensioni del problema e ha fatto della lotta a Ebola una priorità per il governo; secondo, l’effettivo coinvolgimento comunitario messo in opera dagli operatori sanitari, che hanno coinvolto e ascoltato le preoccupazioni della gente; terzo, il supporto della comunità internazionale e l’uso di ingenti risorse;  quarto, la buona coordinazione tra risposta internazionale e nazionale. Nonostante per ora non ci siano più casi di malattia, permane il rischio di reintroduzione del virus dai paesi vicini, inoltre ancora per molto la Liberia dovrà affrontare le      conseguenze dell’epidemia, sul piano umano, sociale ed economico.

18 maggio 2015

In Liberia vaccinazioni contro poliomielite e morbillo

La Liberia torna alla vita. Dopo l’importante annuncio della sconfitta di Ebola, il paese ha iniziato un’altra battaglia, quella contro il morbillo e la poliomielite. La campagna vaccinale vede il coinvolgimento di oltre 680.000 bambini ed è sostenuta  sostenuta dai CDC, dall’UNICEF e dall’OMS. La massiccia campagna era stata programmata per lo scorso anno, ma è stata sospesa a causa  dello scoppio di ebola. L’interruzione del programma vaccinale in Liberia ha creato un allarmante gap nell’immunità aumentando il numero di bambini suscettibili alle infezioni. 
L’epidemia di Ebola ha infatti interessato tutti gli aspetti del sistema sanitario, comprese le vaccinazioni. La percentuale di bambini vaccinati contro il morbillo è scesa del 45% tra agosto e dicembre 2014 rispetto allo stesso periodo del 2013, secondo i dati del governo. Secondo il ministro della salute, Walter T. Gwenigale, questa campagna è un passo fondamentale verso la ripresa e il ripristino dei servizi sanitari. L’obiettivo è  vaccinare oltre 683.000 bambini contro la polio e 603.000 contro il morbillo. I vaccini antipolio saranno somministrati  a bambini di età fino a 59 mesi, e il vaccino contro il morbillo sarà destinato a bambini di età compresa tra sei e 59 mesi .
Nonostante la Liberia sia stata dichiarata libera da ebola (vedi post), l’allerta rimane alta per il rischio di reintroduzione dalla Guinea e dalla Sierra Leone. Per tale motivo, durante la campagna vaccinale saranno intensificate le misure di prevenzione, compresi i controlli di temperatura. È stato compiuto un grande sforzo di mobilitazione sociale per convincere le comunità della necessità di vaccinare i loro bambini e per spiegare le misure da adottare per ridurre al minimo il rischio di infezione. I membri della comunità, tra cui i leader tradizionali e religiosi, gruppi di donne e le ONG locali stanno svolgendo  un ruolo chiave nella promozione della campagna.

15 maggio 2015

HIV: progressione della malattia più rapida negli uomini

Gli uomini con HIV procedono verso l'immunosoppressione più velocemente delle donne; è quanto è emerso da uno studio pubblicato su HIV Medicine condotto su pazienti sudafricani.
Dopo l'infezione con HIV il virus si replica e comincia ad attaccare il sistema immunitario dell'ospite, generalmente ci mette anni a distruggerlo e a dar segno di sè; senza intervento terapeutico le difese immunitarie cadono e il virus si replica sempre più portando a morte il paziente (vedi figura). Per monitorare lo stato dell'immunodepresisone si utilizza la conta dei linfociti T CD4+, speciali globuli bianchi colpiti dal virus; i CD4 sono anche utilizzati per decidere quando iniziare la terapia per invertire il trend: solo sotto una determinata soglia di CD4 si inizia il trattamento. Dopo alcuni mesi di terapia infatti i CD4 risalgono e il livello di virus nel sangue si riduce. Oggi le linee guida dell'OMS prevedono di iniziare il trattamento quando i CD4 scendo sotto i 500/µl.

13 maggio 2015

Il Darunavir arriva in Africa?

Accesso a Darunavir per i bambini che vivono nei paesi in via di sviluppo.
E’ quanto dichiarato dalla società farmaceutica Janssen che produce il farmaco: rinunciando ai diritti di darunavir per uso pediatrico, la Janssen renderà possibile lo sviluppo e l’accesso a nuove formulazioni pediatriche di darunavir in 128 paesi a basso e medio reddito, dove vive il 99,8% del numero totale di bambini e adolescenti affetti da HIV.
Il darunavir è un inibitore delle proteasi  che viene utilizzato nel trattamento dei pazienti con HIV. Interferisce infatti con la formazione di alcune proteine essenziali per il virus. In questo modo il farmaco blocca la formazione di particelle virali mature rendendo il virus incapace di infettare le cellule.
Attualmente è indicato nel trattamento di terza linea nei pazienti con HIV (ossia in coloro nei quali le precedenti combinazioni di farmaci non hanno avuto l’effetto sperato nel bloccare la replicazione del virus). Ad oggi, nei paesi a risorse limitate la terza linea di farmaci antiretrovirali non è facilmente disponibile.
La rinuncia significa che Janssen non farà valere i propri diritti di brevetto su darunavir nei Paesi indicati, purchè le versioni generiche del farmaco, prodotte o fornite dalle aziende produttrici, siano di alta qualità e accettabili da un punto di vista clinico.

La Janssen insieme a Pediatric HIV Treatment Initiative (PHTI) lavorerà per facilitare lo sviluppo di una nuova combinazione a dose fissa (FDC) di darunavir, unito all’agente potenziante ritonavir, per i bambini affetti da HIV

8 maggio 2015

La Liberia dichiarata libera da Ebola!!!

Sono passati 42 giorni dalla sepoltura dell'ultima vittima di Ebola, un caso notificato il 22 marzo, e finalmente la Liberia ha ufficialmente sconfitto l'epidemia. Nel paese l'epidemia ha colpito più di 10.000 persone causando 4716 morti, ma tutta la popolazione è stata coinvolta nel mutamento delle consuetudini sociali, e colpita dalle misure adottate come la limitazione degli spostamenti, la chiusura delle scuole, le misure di sicurezza adottate per la sepoltura. Festeggiamenti e cerimonie sono attesi nel paese, dove la gente aspetta ansiosamente di uscire dall'incubo che è durato più di un anno. Come dichiarato dal Ministro dell'informazione, Lewis Brown, questa data rappresenta un nuovo inizio per la Liberia, e la battaglia verso questo terribile nemico ha portato un nuovo senso di unità tra la popolazione.

Crisi Ebola: che cos'è la resilienza del sistema sanitario?

La devastante epidemia di Ebola che ha colpito tre paesi dell’Africa Occidentale  ha messo in rilievo la fragilità di molti sistemi sanitari. Perdita di vite umane, sconvolgimenti sociali e collasso dei servizi sanitari di base hanno mostrato cosa avviene quando una crisi colpisce sistemi di salute non preparati. Per prevenire il ripetersi di simili problemi in futuro, si rende necessario comprendere in cosa consista la resilienza di un sistema sanitario, definita come la capacità degli attori sanitari, istituzioni e popolazione di essere preparati e rispondere efficacemente ad una crisi. Una riflessione su queste tematiche appare sull’ultimo numero di Lancet.
La prima precondizione per una risposta vigorosa, che è mancata nell’attuale epidemia, è riconoscere la natura globale della crisi e avere chiari i ruoli dei diversi attori, anche con la guida delle leggi sanitarie internazionali. E’ stata anche recentemente suggerita la possibilità di finanziare la risposta alle crisi sanitarie mediante  un fondo internazionale apposito.  Una grave debolezza evidenziata durante l’epidemia è stata la carenza di personale sanitario impegnato e pronto a svolgere un lavoro che può anche essere rischioso. In Liberia, Sierra Leone e Guinea il personale sanitario è tra un quinto e un decimo del numero raccomandato dall’OMS. Gli operatori sanitari inoltre si concentrano soprattutto nei centri urbani, e l’epidemia di Ebola ha ulteriormente ridotto il loro numero uccidendone 500.
Molti operatori sanitari, impreparati e sprovvisti del materiale sanitario necessario, hanno disertato gli ospedali per paura del contagio, e molte strutture sanitarie hanno dovuto chiudere, riducendo per la popolazione la possibilità di cure anche per altre malattie.

E' necessario investire nella costruzione di un capitale sociale nel sistema sanitario, rafforzando il senso del valore del proprio lavoro, e guadagnare la fiducia della popolazione fornendo servizi sanitari di qualità. Un sistema sanitario che gode della fiducia e del supporto della popolazione ha un indubbio vantaggio in termini di resilienza.

4 maggio 2015

Eccellenza nella diagnostica di laboratorio per raggiungere gli obiettivi 2030

Il mondo sta unendo gli sforzi per porre fine all’epidemia da HIV entro il 2030, perché il 90% delle persone sieropositive conosca il proprio stato, il 90% delle persone che sanno di aver contratto l’infezione sia messo in trattamento e il 90% di coloro che sono in trattamento abbia la carica virale soppressa. Ottimizzare l’uso della diagnostica sarà fondamentale per raggiungere tale obiettivo. Si stima che a partire dal dicembre 2013, 12,9 milioni di persone siano stati trattati con farmaci antiretrovirali. Anche se questo rappresenta un ottimo risultato, il mondo deve ancora sfruttare pienamente i benefici terapeutici e preventivi che derivano dal trattamento per l’HIV. E’ ormai riconosciuto infanti come il trattamento non solo salvi vite umane, ma prevenga anche il diffondersi della malattia. Nei paesi più pesantemente colpiti, l’utilizzo di antiretrovirali ha aumentato enormemente la speranza di vita e ridotto la morbilità HIV correlata. Il trattamento per l’HIV si è infatti dimostrato essere il più efficace intervento di prevenzione in grado di ridurre la trasmissione del virus del 96%. Secondo studi recenti, ogni aumento dell’1% della copertura del trattamento comporta un calo dell’1% delle nuove infezioni. Inoltre  il trattamento per l’HIV consente di risparmiare denaro, con ritorni economici grazie a una riduzione delle spese mediche e all’aumento della produttività lavorativa. Se in Africa sub sahariana venissero trattati tutti coloro che sono HIV positivi, indipendentemente dal loro stato immunologico, si avrebbe un risparmio di miliardi di dollari.

30 aprile 2015

Tat: il supervaccino italiano contro l’HIV

Il vaccino terapeutico italiano “Tat” ha dimostrato di potenziare l’efficacia dei farmaci nei pazienti con HIV. E’ quanto rivelato dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss): il vaccino unito alla terapia con antiretrovirali è in grado di stimolare il sistema immunitario aumentando i linfociti CD4, bersaglio del virus.
Secondo il direttore del Centro Nazionale Aids dell’Iss, Barbara Ensoli, per la prima volta si è dimostrato come la potenza della terapia possa essere intensificata dall’utilizzo di un vaccino. È quanto emerge infatti dalla seconda fase di sperimentazione condotta su 168 pazienti seguiti per 3 anni da 11 centri clinici italiani.
I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Retrovirology. Il vaccino in questione agisce contro la proteina Tat, che il virus utilizza per riprodursi e quindi per diffondere l’infezione.
Si è visto inoltre come soggetti asintomatici HIV positivi e che presentano naturalmente anticorpi anti-Tat siano protetti verso la progressione della malattia. Di conseguenza si ipotizza che se il vaccino venisse somministrato a pazienti asintomatici non ancora in trattamento, si potrebbe ottenere un arresto dell'infezione.

Il vaccino Tat rappresenta per adesso un intervento promettente per intensificare l’efficacia della terappia antiretrovirale attualmente in uso. Tuttavia, per una sua possibile disponibilità sul mercato è necessario aspettare il termine della fase tre di sperimentazione. 

28 aprile 2015

La malaria, un flagello silenzioso

Circa la metà della popolazione mondiale è a rischio di malaria. Si stima che nel 2013 ci siano stati 198 milioni di casi di malaria e che la stessa abbia causato 584 mila decessi . La maggior parte dei casi e delle morti si verifica in Africa sub-sahariana, dove muore 1 bambino ogni minuto.
Eppure la malaria è una malattia prevenibile e curabile.

Le misure di prevenzione stanno riducendo drasticamente il peso di questa malattia in molti luoghi.
Dal 2000, i tassi di mortalità sono diminuiti del 47% a livello globale e del 54% nella regione africana.

22 aprile 2015

Vaccinazioni: colmare il divario

Ogni anno le vaccinazioni risparmiano 3 milioni di vite. Ancora però in tutto il mondo un bambino su 5 non ha accesso a vaccinazioni salvavita. Ciò significa che 21,8 milioni di bambini, la maggior parte vivente nei paesi più poveri del mondo, sono a rischio di morte per malattie che potrebbero essere facilmente evitate. Si calcola infatti che ogni anno 1,5 milioni di persone muoia a causa di malattie come difterite, morbillo, poliomielite, polmonite e tetano. Tuttavia un mondo senza morti prevenibili grazie al vaccino è alla nostra portata. L’OMS con la settimana mondiale dell’immunizzazione, dal 24 al 30 aprile, segnala un rinnovato sforzo a livello globale per accelerare il passo verso la domanda di immunizzazione e migliorare i servizi di vaccinazione.
Occorre che tutti abbiano accesso ai vaccini, anche coloro che vivono nelle comunità più isolate e che i servizi di vaccinazione siano integrati con gli altri servizi di salute, in particolare con quelli per le cure prenatali. In molti paesi  infatti i parti avvengono in condizioni di scarso igiene mettendo le madri e i loro neonati a rischio di infezioni pericolose per la vita. In particolare il tetano materno e neonatale (MNT) è la conseguenza letale più comune. Queste morti potrebbero essere evitate seguendo norme igieniche adeguate durante il parto e attraverso la cura del cordone ombelicale  ma anche  immunizzando le madri con il vaccino contro il tetano, economico ed efficace. Il tetano non può essere sradicato (a differenza di poliomielite e di vaiolo), tuttavia attraverso la vaccinazione delle donne in gravidanza e delle donne in età fertile e la promozione di norme igieniche, è possibile eliminare il MNT (meno di un caso di tetano neonatale per 1000 nati vivi).

Secondo il GlobalVaccine Action Plan (GVAP), approvato dai 194 stati membri dell’OMS nel maggio 2012, è possibile prevenire milioni di morti entro il 2020 attraverso un accesso più equo ai vaccini. GVAP mira a raggiungere gli obbiettivi di copertura vaccinale, accelerando la lotta contro le malattie prevenibili  con i vaccini e stimolando la ricerca.

17 aprile 2015

La telemedicina e la cura dei pazienti in Africa

Si è concluso ieri a Roma il quinto Congresso Nazionale di Telemedicina e Sanità Elettronica, che ha visto il susseguirsi di diverse sessioni scientifiche che hanno analizzato l’applicazione della telemedicina alle diverse branche della medicina classica.

La telemedicina è uno strumento di innovazione tecnologica che consente il monitoraggio dei pazienti attraverso l’impiego di sistemi di telecomunicazione che si avvalgono della cooperazione di differenti professionalità. Scopo della SIT (Società Italiana di Telemedicina)  è quello di contribuire al miglioramento dei servizi sociosanitari, attraverso l’innovazione tecnologica nel campo della e-health, della telemedicina e di tutti i servizi e le applicazioni ad esse collegate. 
L’utilizzo della telemedicina apre a nuove speranze anche per l’Africa, così come hanno descritto i diversi interventi esposti nella sessione di giovedì mattina in cui si è parlato di cooperazione internazionale. Presenti tra l’altro rappresentanti di Medici con l’Africa CUAMM, del Programma DREAM della Comunità di Sant’Egidio  e della Global Health and Telemedicine (GHT).

15 aprile 2015

I Campioni nella lotta all'AIDS


Si sono riuniti in questi giorni a Johannesburg The Champions for an AIDS-Free Generation per annunciare nuovi sforzi per garantire che tutti i bambini africani nascano liberi dall’HIV e perché i bambini sieropositivi abbiano accesso a cure salvavita. Dal momento che i giovani continuano ad essere profondamente colpiti dalla epidemia, la Champions ha anche annunciato che aggiungerà gli adolescenti al proprio portafoglio di attività. The Champions for an AIDS-Free Generation  sono un gruppo di ex presidenti e di influenti leader africani che si sono impegnati per far sì che si crei una generazione libera dall’AIDS. La loro missione è quella di mobilitare e sostenere i leader regionali per porre fine alla epidemia di AIDS come una minaccia per la salute pubblica.

13 aprile 2015

Individuato l'anticorpo che blocca l'HIV

Realizzato un anticorpo in grado di bloccare la proliferazione del virus HIV. E’ quanto emerge da una ricerca condotta da un gruppo di ricercatori della Rockefeller University di New York. Gli scienziati hanno infatti isolato da soggetti sieropositivi un anticorpo, il 3BNC117 in grado di attaccarsi in modo specifico al principale recettore con cui l’HIV si lega alle cellule umane CD4 per infettarle, riducendo così la sua concentrazione nel sangue.

La ricerca, pubblicata sulla rivista Nature, mostra risultati incoraggianti: il 3BNC117 riprogettato e inoculato nel sangue di soggetti HIV positivi è in grado di ridurre anche di 300 volte la concentrazione del virus. Inoltre, la proliferazione del virus viene bloccata fino a 28 giorni. L’anticorpo è risultato efficace nel combattere 195 dei 237 ceppi dell’HIV. Tuttavia, poiché il virus è in grado di mutare rapidamente e quindi di divenire “resistente” all’anticorpo, secondo gli studiosi sarà necessario associare anche una terapia con antiretrovirali.

I risultati raggiunti aprono nuove prospettive verso la sconfitta definitiva dell’AIDS: l’immunoterapia dovrebbe infatti essere esplorata come nuova strada verso la prevenzione, terapia e cura dell’HIV.

9 aprile 2015

Giornata mondiale della salute: quanto è sicuro il tuo cibo?

Il 7 aprile si è celebrata la giornata mondiale della salute.
Quest’anno tema della giornata è stato il cibo e la sicurezza alimentare, con lo slogan “Dai campi alla tavola, rendere il cibo sicuro” (Fron farm to plate, make food safety).
L’industrializzazione della produzione alimentare e il suo commercio globalizzato, oltre ad introdurre nuove opportunità per il cibo, aumentano anche la possibilità di contaminazione dello stesso da parte di batteri, virus, parassiti o sostanze chimiche.
Si è visto infatti che il cibo contaminato può causare più di 200 malattie, che vanno dalla diarrea al cancro. Inoltre le malattie diarroiche legate a cibo e acqua contaminati uccidono circa 2 milioni di persone ogni anno, tra cui molti bambini in particolare nei bambini in via di sviluppo. Gli alimenti non sicuri creano un circolo vizioso di diarrea e malnutrizione minacciando così lo stato nutrizionale dei più vulnerabili.

12 marzo 2015

Scoperto il legame tra architettura del nucleo cellulare e sito di integrazione dell'HIV

Sono stati scoperti per la prima volta “i santuari” all'interno del nucleo dei linfociti dove l'HIV si nasconde fino a diventare invisibile. La scoperta è merito di un gruppo di ricerca dell'ICGEB di Trieste guidato dal Profesore Mauro Giacca, direttore del Centro di Medicina Molecolare ed è stata pubblicata su Nature

I santuari o reservoir sono quei luoghi all'interno dell'organismo umano dove il virus si nasconde e continua a replicarsi, riuscendo così a sfuggire all'azione dei farmaci antiretrovirali attualmente in commercio, che riescono quasi ad azzerare il numero di particelle di virus presenti nel sangue ma non a sconfiggere definitivamente la malattia (vedi post).
L'HIV è in grado di inserire il proprio DNA all'interno di quello delle cellule che infetta, modificandone il patrimonio genetico. Il gruppo di ricerca ha dimostrato che l'integrazione dell'HIV-1 avviene nel guscio esterno del nucleo in corrispondenza del poro nucleare. Questa regione contiene una serie di geni cellulari che sono preferenzialmente presi di mira dal virus. Le due proteine NUP153 e LEDGF/p75 sono fondamentali perché il virus riesca ad inserirsi nella cellula. La topografia nucleare è quindi un determinante essenziale del ciclo di vita di HIV-1. La speranza è che si possa partire da queste nuove scoperte per poter arrivare a farmaci in grado di debellare l'AIDS in maniera definitiva.

11 marzo 2015

Ebola, al via la sperimentazione dei primi vaccini

Un primo vaccino contro Ebola, denominato VSV-EBOV è in fase di sperimentazione in Guinea. E' stato somministrato a una cinquantina di persone dal 7 marzo a Conakry, tra cui il ministro guineano della Salute, Rémy Lamah, e il coordinatore nazionale della lotta contro Ebola, Dr. Sakoba Keïta.
VSV-EBOV, uno dei due vaccini contro il virus che hanno raggiunto le fasi avanzate della sperimentazione, è stato sviluppato dalla Agenzia di sanità pubblica del Canada. L'altro vaccino, sviluppato dalla ditta britannica GSK (GlaxoSmithKline) insieme all'American Institute of Allergy e Malattie infettive (NIAID), è stato testato nel mese di febbraio in Liberia.
L'epidemia di Ebola in Africa occidentale, la più estesa dalla identificazione del virus in Africa centrale nel 1976, è iniziata nel Dicembre 2013 in Guinea prima di diffondersi in Liberia e Sierra Leone.
Secondo l’ultimo bollettino dell’OMS, l’epidemia ha causato finora circa 10.000 morti su circa 24.000 casi registrati.
Per la prima volta dall’inizio dell’epidemia, nell’ultima settimana in Liberia non sono stati registrati nuovi casi, mentre 81 casi sono stati diagnosticati in Sierra Leone e 51 in Guinea.

In totale Ebola ha colpito 839 operatori sanitari, di cui 491 sono morti.

10 marzo 2015

Notizie dal CROI 2015

Dal 23 al 26 febbraio 2015 si è tenuta a Seattle la 22° edizione della Conference on Retroviruses and Opportunistic Infections (CROI 2015).

Scienziati, medici e ricercatori hanno condiviso il loro lavoro e discusso vari temi tra cui: la profilassi pre esposizione, i profilassi attraverso microbicidi, i progressi verso una cura definitiva dell’HIV, il trattamento della coinfezione HIV/HCV, l’impatto del trattamento in Africa dopo un decennio di scaling up, il trattamento e la prevenzione della TB nelle persone con HIV.

Per quanto riguarda l’impatto del trattamento anticipato a 500 CD4, uno studio di Temprano et al implementato in costa d’Avorio ha trovato che questa strategia permette di diminuire del 44% l’incidenza di gravi malattie e morte rispetto all’inizio della terapia secondo le vecchie linee guida.
David Wyles and Susanna Naggie hanno presentato i risultati di un trial sui nuovi regimi terapeutici per curare l’epatite C  (sofosbuvir  plus ledipasvir o daclatasvir ) i quali si sono dimostrati capaci di eradicare la malattia nel 95% dei casi, in persone coinfette con HIV.
Mary Glenn Fowler  ha poi presentato i risultati dello studio Promise, che ha confermato come un regime di prevenzione basato sulla tripla terapia sia in grado di ottenere tassi di trasmissione al bambino estremamente bassi (0,56% a 14 giorni di vita).

Sono stati poi presentati nuovi farmaci in via di sviluppo, come  BMS-955176, un inibitore di maturazione dell’HIV di seconda generazione.



9 febbraio 2015

Ebola, verso la fine dell'incubo?

Il numero di nuovi casi di Ebola sta scendendo vertiginosamente nei tre paesi più colpiti dall’epidemia, Guinea Liberia e Sierra Leone. Infatti, si è passati dai 700 nuovi casi diagnosticati nella settimana 9-16 novembre ai 99 casi nella settimana 18-25 gennaio 2105 (30 in Guinea, 4 in Liberia e 65 in Sierra Leone). L’epidemia ha finora causato 22500 malati, di cui 9000 sono morti, ed è la più grande epidemia mai registrata dalla scoperta del virus Ebola nel 1976.
La diminuzione dei nuovi casi è stata impressionante in Liberia, dove la popolazione sta lentamente tornando alla normalità e può guardare al futuro con ottimismo, anche se la riapertura delle scuole è stata ancora una volta rimandata
Anche in Sierra Leone, dove il picco dell’epidemia si era verificato tra novembre e dicembre, si assiste ad una netta diminuzione del numero di nuovi casi.
In Guinea, il numero di nuovi casi non è elevato, ma il trend di diminuzione non è molto chiaro, ci sono oscillazioni tra una settimana e l’altra, e i casi sono abbastanza diffusi su tutto il territorio nazionale, questo fa pensare che la strada per debellare l’epidemia sia ancora lunga.

19 gennaio 2015

Passi in avanti verso una terapia eradicante dell'HIV

I risultati di una nuova ricerca americana riaccendono le speranze sulla terapia eradicante dell'HIV . Come è noto al momento attuale non è possibile eliminare il virus dell'AIDS dall'organismo delle persone infette: una volta entrato non si riesce più a mandarlo via (vedi post / post). Le terapie attuali riescono a contenere l'infezione e limitare la replicazione virale, ma sono terapie che devono proseguire tutta la vita. L'AIDS è oggi, se curata, una malattia cronica.
Resta però l'obiettivo di sviluppare terapie in grado di eradicare completamente l'infezione. I ricercatori della Templi University, USA, coordinati dal professore Kamel Khalili, hanno pubblicato importanti risultati a riguardo. Sono infatti riusciti ad eliminare completamente il virus in una cultura cellulare in laboratorio.

13 gennaio 2015

La città: un luogo chiave per la lotta all'AIDS

Nel 2030 il 60% della popolazione mondiale vivrà in città, circa un miliardo e mezzo di persone in più rispetto ad oggi, di cui la quasi totalità nei paesi a basso e medio reddito. Già oggi quasi la metà delle persone con HIV in Africa vive in città, e questa percentuale è destinata a salire; circa il 60% degli abitanti delle città africane vive in slum. Per questi motivi UNAIDS ha pubblicato un documento sulla situazione dell città sottolineando la necessità di rafforzare l'impegno nella lotta all'infezione da HIV nelle grandi città africane, per raggiungere la vittoria sull'epidemia entro il 2030. UNAIDS  scrive: "Ending the AIDS epidemic by 2030 is feasible if the world’s major cities act immediately and decisively to Fast-Track their AIDS responses by 2020. Cities need to reach Fast-Track treatment targets of 90-90-90 by 2020: