10 ottobre 2013

HIV e mortalità materna

"I diritti umani devono essere al centro della nostra attività, perché ciascuno ha il diritto di vivere. Il nostro primo impegno come medici è quello di salvare vite". Sono parole pronunciate da Luiz Loures, vicedirettore esecutivo di UNAIDS, in occasione della conferenza africana della Federazione Internazionale dei Ginecologi e degli Ostetrici (FIGO), tenutasi ad Addis Ababa dal 2 al 5 ottobre scorsi, che ha visto riuniti specialisti, ministri, policy-maker da numerosi paesi africani. Nel corso dell'incontro sono stati evidenziati i collegamenti tra l'infezione da HIV e la mortalità materna ed infantile; Luiz Loures nella relazione di apertura dei lavori, ha inoltre richiamato ad una maggiore sinergia tra i servizi di salute prenatale e le associazioni della società civile che si occupano di HIV, al fine di migliorare l'accesso ai servizi da parte della popolazione più marginalizzata, in particolare le donne.
In Africa Sub-sahariana, le donne sono più colpite dall'HIV rispetto a gli uomini, rappresentando il 58% dei 22 milioni di pazienti infetti con HIV.
L'HIV è uno dei fattori più tragicamente correlati alla mortalità materna nei paesi a risorse limitate: una donna HIV+ ha un rischio di mortalità materna fino a 10 volte superiore rispetto ad una donna HIV-, mentre una donna africana, se decide di andare incontro a gravidanza, ha un rischio di morire 50 volte maggiore di una donna europea. Ogni giorno nel mondo circa 800 donne muoiono a causa di complicanze di una gravidanza o di un parto, il 99% di loro in paesi in via di sviluppo.
Sono cifre che posso essere paragonate a quelli di un conflitto, una guerra silenziosa che colpisce le donne africane. UNAIDS ha rinnovato il suo impegno a favore di queste donne, a fianco di chi si sforza per far cessare questa guerra.