30 luglio 2014

WHO: accesso a farmaci antiretrovirali nei paesi a basso e medio reddito

Alla fine del 2013, oltre 11.7 milioni di persone che vivono in paesi a basso e medio reddito sono stati messi in terapia con antiretrovirali (ART), rappresentando circa un terzo di tutti gli HIV positivi che vivono in questi paesi. Secondo le linee guida 2013 dell’OMS, si stima che sono circa 28.6 milioni le presone che dovrebbero essere raggiunte da tale trattamento. Questo indica che è necessario intensificare gli sforzi per espandere l’accesso alla ART. Tuttavia, estendere il trattamento con antiretrovirali significa anche che i giusti farmaci siano disponibili.
Un nuovo rapporto dell’OMS  fa il punto della situazione, esaminando le tendenze globali in termini di prezzo degli antiretrovirali e valutando come le linee guida dell’OMS abbiano influenzato la diffusione delle diverse formulazioni di antiretrovirali.
Si osserva infatti come tendenza un aumento dell’accesso ai farmaci, con diminuzione del costo degli antiretrovirali grazie  a politiche internazionali e a iniziative che hanno creato un mercato più efficiente.

28 luglio 2014

Giornata mondiale contro l'epatite

Le epatiti virali, che racchiudono un gruppo di malattie infettive conosciute come epatite A, B, C, D ed E, colpiscono oggi centinaia di milioni di persone in tutto il mondo, provocando malattie epatiche acute e croniche che portano alla morte di 1.4 milioni di individui ogni anno. Tuttavia, l’epatite rimane ancora una malattia ignorata e sconosciuta.
L'OMS dedica il 28 luglio alla giornata mondiale contro l'epatite. La data scelta ricorda quella del compleanno del Professor Baruch Samuel Blumberg che nel 1976 vinse il Premio Nobel per la Fisiologia e per la Medicina grazie al lavoro condotto sull’epatite B, di cui aveva scoperto il virus. 

25 luglio 2014

Non possiamo scappare dalla crisi dell'AIDS pediatrico!


Fonte: allAfrica.com

I bambini stanno rimanendo indietro nella lotta all'AIDS, è emerso in questi giorni a Melbourne nel corso della ventesima International AIDS Conference. Secondo l'UNICEF i bambini sotto i 15 anni rappresentano circa il 9% di tutte le persone infettate con HIV al mondo e il 13% delle morti per AIDS, inoltre i neonati sono i più vulnerabili all'HIV e i pazienti meno serviti dai servizi di cura.
La letteratura scientifica ha ormai da anni dimostrato che l'inizio precoce della terapia antiretrovirale, specialmente nei bambini, può salvare milioni di vite, ma la copertura con i farmaci tra i bambini è ancora inferiore al 34%. Ciò significa che meno di un bambino su tre con HIV è raggiunto dalla terapia che è in grado di salvargli la vita.
Un altro punto chiave nella lotta all'HIV pediatrico è la diagnosi precoce.

23 luglio 2014

Solidarietà con le vittime del volo MH17

La redazione di No AIDS in Africa esprime profondo cordoglio per i passeggeri del volo MH17 deceduti a seguito dell'abbattimento del velivolo. Nell'esprimere la vicinanza a tutti i familiari, No AIDS in Africa vuole ricordare le tante vittime che erano impegnate nella ricerca e più in generale nella lotta all'AIDS.
Oggi che la comunità scientifica piange la perdita di scienziati, medici e ricercatori, la follia della guerra appare in tutta la sua drammatica evidenza.

18 luglio 2014

Anno 2030: fine dell'epidemia da HIV?

Mettere in atto provvedimenti intelligenti per colmare il divario tra coloro che conoscono il loro stato di HIV positivi e che hanno accesso a servizi e a trattamento e coloro che sono ben lontani da tutto questo: è la strada per porre fine all’epidemia da HIV entro il 2030.
È da queste considerazioni che è nato il nuovo Rapporto UNAIDS  lanciato in questi giorni: “The Gap Report”. Come colmare il divario tra le persone che fanno passi in avanti e quelle che rimangono indietro nel cammino verso la fine dell’epidemia?
Circa 19 dei 35 milioni che vivono con l’HIV in tutto il mondo non conoscono il loro stato di sieropositivi.  In Africa sub-sahariana, il 90% delle persone che conoscono il loro stato di HIV+ sono in trattamento.  Secondo il direttore UNAIDS Michel Sidibé, occorre mettere in atto una implementazione più rapida per colmare il divario tra coloro che conoscono il loro stato e coloro che non lo conoscono, tra coloro che possono avere accesso ai servizi e coloro che non possono. Coloro che verranno a conoscenza del loro status, cercheranno poi il trattamento salvavita.

15 luglio 2014

Ghana: 27mila bambini con HIV rischiano di non avere farmaci

In Ghana l'HIV colpisce circa 27.000 bambini al di sotto dei 14 anni. Si stima che circa 1 milione di bambini siano orfani di uno o entrambi i genitori a causa dell'AIDS. Il Ghana National AIDS Control Programme (GNACP) esprime preoccupazione per la mancanza nel paese di farmaci in formulazione pediatrica. I 27.000 bambini con il virus rischiano la vita per l'assenza di farmaci adeguati, mancano centri di cura e ospedalizzazione per i pazienti pediatrici. L'infezione da HIV in Ghana, pur non essendo a livelli di altri paesi africani, è comunque un'epidemia generalizzata che necessita di risposte coordinate da parte del sistema sanitario e di tutta la società (Gli insegnanti sieropositivi e lo stigma: una questione di sviluppo).


Approfondimenti:
WHO Ghana
UNAIDS Ghana
UNICEF Ghana

11 luglio 2014

Gli insegnanti sieropositivi e lo stigma: una questione di sviluppo

In Ghana la stigmatizzazione legata all’HIV/AIDS sta colpendo anche gli insegnati.
E’ quanto è emerso dal workshop che si è tenuto a Dodowa nel distretto di Shai Osu-Doku, nella regione di Accra.
Il servizio di educazione del Ghana ha una politica che vuole mantenere all’interno del suo staff personale HIV positivo, tuttavia sono solo 120 gli insegnanti che hanno aderito al Network of Teachers and Educational Workers on HIV/AIDS Ghana (NETEWAG).
Il workshop ha riunito le parti interessate in materia di HIV/AIDS, al fine di raccogliere idee e di disegnare un piano strategico  per lo sviluppo del NETEWAG e per ridurre lo stigma e la discriminazione.

3 luglio 2014

Invecchiamento e HIV

Già alla fine del 2013 UNAIDS aveva pubblicato un report su HIV ed età (vedi post). 

Negli anni si è registrato infatti un aumento delle persone HIV positive con più di 50 anni di età. Una quota che cresce, di cui quasi un terzo nei paesi  ad alto reddito e circa il 10% nei paesi a basso reddito.
I sistemi  sanitari devono dunque interrogarsi su questo aspetto, per essere pronti a rispondere alle esigenze di questi malati. Nessuno infatti conosce quale sarà la qualità della vita di coloro che stanno diventando anziani con HIV/AIDS.
Ricercatori del St. Michael’s Hospital stanno lavorando su questo e la loro ricerca sarà pubblicata sulla rivista Current Opinion in HIV and AIDS.

Secondo il dottor Sean B. Rourke, neuropsicologo e direttore della Neurobehavioural  Research Unit del St. Michael’s Hospital, è positivo che questi pazienti riescano ad invecchiare, segno di un miglioramento dei servizi sanitari e di un trattamento efficace, che raggiunge le persone e che si adatta ad esse tanto da rendere l’AIDS una malattia cronica.
Tuttavia l’invecchiamento di chi è affetto da HIV può essere più impegnativo rispetto a quello della popolazione generale. Non soltanto dal punto di vista sociale (maggior rischio di isolamento sociale, perdita degli amici e stigmatizzazione) ma soprattutto dal punto di vista clinico. Gli adulti con HIV sviluppano infatti problemi cardiovascolari, osteoporosi, problemi renali e neurocognitivi 10, 15 o 20 anni prima rispetto alla popolazione generale. I problemi cerebrali a cui possono andare incontro sono dovuti a una infiammazione dei tessuti, simile a quella dovuta ad un trauma cranico, ma perenne. Ci possono essere problemi di attenzione e deficit di memoria.
Queste patologie possono essere gravemente invalidanti in persone che hanno un’età che in realtà permetterebbe loro di continuare a lavorare.

Il corpo di ricerca del Dr Rourke sta quindi esplorando interventi ed altre strategie per ridurre al minimo l'impatto negativo dell'invecchiamento con l'HIV. 

1 luglio 2014

HIV, iniezioni più sicure

Utilizzare siringhe, aghi o taglienti  già usati e non adeguatamente sterilizzati porta un rischio di trasmissione di alcune  malattie come HIV, HBV e  HCV.
Nel 2000, l’OMS stimava che, nei paesi a basso e medio reddito,  il 5% delle nuove infezioni da HIV, il  32% delle nuove infezioni da HBV e il 40% delle nuove infezioni da HCV fossero dovute a questa modalità. Da allora, è stata lanciata una campagna a livello globale (Safe Infection Global Network) e molte azioni sono state intraprese per ridurre questo rischio nelle strutture sanitarie. Una nuova stima delle infezioni da HIV, HBV e HCV dovute a iniezioni non sicure è stata effettuata nel 2010. Secondo tale nuovo dato, a livello globale c’è stata una diminuzione dell’87% delle infezioni da HIV dovute a iniezioni e altre procedure mediche non sicure, e una diminuzione dell’83% e del 91% delle infezioni da HCV e HBV. Per quanto riguarda l’epatite B, tale riduzione estremamente marcata si deve anche alla vaccinazione.
Quindi attualmente, meno dell’1% delle nuove infezioni da HIV è dovuta a iniezioni non sicure, si tratta di un notevole successo di sanità pubblica e oggi l’eliminazione di questa via di trasmissione appare un obiettivo raggiungibile.
Ulteriori sforzi  devono essere fatti per bloccare altri modi di trasmissione iatrogena, come l’uso di flaconi di farmaci o liquidi da infusione multidose, cure dentarie con inadeguata sterilizzazione, trasfusioni non controllate, circoncisioni e tatuaggi effettuati in ambiti non sicuri.
L’eliminazione delle infezioni iatrogene è prima di tutto un imperativo morale, come ci ricorda il principio ippocratico: primum, non nocere!