Nonostante i progressi nell’accesso alla terapia
antiretrovirale, ancora circa un terzo delle persone con HIV in Africa inizia
la terapia quando la malattia è già ad uno stadio avanzato, e la mortalità nei
primi mesi di trattamento è molto più elevata in Africa che in Europa. La
maggior parte di queste morti è dovuta ad infezioni opportunistiche quali la tubercolosi
e la meningite da criptococco.
Un trial clinico effettuato in Zambia e Tanzania
su pazienti che iniziavano la terapia con meno di 200 CD4 ha paragonato l’approccio
standard con un approccio che utilizzava sia il supporto di operatori non
sanitari sull’aderenza, sia un test antigenico per il criptococco. In questo
secondo gruppo, la mortalità è risultata diminuita del 28%.
La tubercolosi si è confermata una coinfezione molto
diffusa, infatti il 16% del campione si presentava già in terapia tubercolare
mentre un altro 11% veniva diagnosticato all’arruolamento.
L’uso di diagnostica avanzata per la tubercolosi (ad esempio
il test molecolare GeneXpert) e l’uso di test sierologici per l’antigene del
criptococco si dimostrano quindi strumenti validi per migliorare la
sopravvivenza delle persone con HIV in stadio avanzato. La diffusione di tali
strumenti su larga scala è una delle prossime frontiere della lotta all’AIDS.
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