Il Botswana sta fronteggiando l'infezione da HIV con grandi successi, non ultimo la somministrazione gratuita della cura ai detenuti stranieri, secondo quanto dichiarato recentemente da una sentenza dell'Alta Corte.
Il Botswana è uno stato piuttosto esteso dell’Africa australe, situato nella parte più inospitale e desertica dell’Africa meridionale. Domina il territorio un altopiano. Circa il 70% del paese è occupato dal deserto del Kalahari. Privo di accesso al mare a causa della definizione coloniale dei suoi confini ma collegato ad esso attraverso il fiume Limpopo che giunge fino in Mozambico.
L’indipendenza
dal protettorato britannico, avvenuta nel 1966, insieme alla scoperta di
giacimenti minerari e alla stabilità da politica (da sempre in Botswana esiste
una convivenza pacifica tra bianchi e bantu, espressa anche dai colori della
bandiera nazionale), hanno fatto del Botswana uno degli stati più ricchi del
continente.
La popolazione
del Botswana si è triplicata in trent’anni, con una crescita annua del 2%. Tuttavia
dal 2000 tale crescita si è arrestata e ha vissuto un’inversione di tendenza. Tra
le cause: gli effetti devastanti della diffusione dell’HIV. In quegli anni
infatti la struttura demografica appariva costituita per il 40% da giovani
sotto i 15 anni, mentre solo il 5% aveva più di 60 anni: la popolazione adulta
falcidiata dal virus lasciando migliaia di orfani.
Secondo le
più recenti stime UNAIDS (2013), la prevalenza
dell’HIV tra gli adulti è di circa il 20%.
Dei circa 2
milioni di abitanti (stima 2012), 320.000 sono HIV positivi, tra cui 11 mila
bambini. Circa 96,000 gli orfani a causa dell’HIV/AIDS.
Secondo il rapporto
UNAIDS The Gap Report (vedi post),
le nuove infezioni tra i bambini sono diminuite del 50%. Le morti AIDS
correlate hanno visto una diminuzione del 58%, con un accesso alla terapia
antiretrovirale tra gli adulti maggiore del 40%.
In questa
politica di maggiore accesso al trattamento tra la popolazione del Botswana, si
inserisce la notizia apparsa recentemente su allAfrica:
l’Alta Corte ha ordinato al governo di fornire farmaci antiretrovirale ai
detenuti stranieri. Il rifiuto del trattamento violerebbe infatti i loro diritti
costituzionali.
Questa decisione
ha quindi affermato che il governo è legalmente obbligato a fornire
immediatamente il trattamento ARV salva-vita ai detenuti stranieri che vivono
con HIV.
Secondo la
corte inoltre tale intervento è fondamentale per affrontare in modo efficace l’HIV.
In questo
modo è infatti possibile anche proteggere gli altri prigionieri dal rischio di
contrarre non solo l’HIV, ma anche altre patologie AIDS- correlate come la
tubercolosi.
La Corte ha respinto l’argomentazione
del governo secondo la quale non ci sono fondi sufficienti.
“Decisione storica: il governo non
può più semplicemente sostenere che l’accesso al trattamento ARV è troppo
costoso”, ha dichiarato Priti Patel del Southern
Africa Litigation Centre (SALC), cha ha fornito assistenza al caso.
Tale intervento
risponde prontamente a quanto scritto nel rapporto UNAIDS sulle popolazioni
chiave (Consolidated guidelines on HIV prevention, diagnosis, treatment and care for key populations).
I prigionieri
sono infatti una delle 5 popolazioni chiave verso le quali deve concentrarsi l’azione
dei governi per debellare l’infezione da HIV. Spesso infatti le persone a più
alto rischio di infezione da HIV non hanno accesso ai servizi sanitari di cui
hanno bisogno.
La mancanza
di prestazioni adeguate verso queste popolazioni potrebbe minacciare il
progresso della risposta globale contro l’HIV.
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