In Malawi la prevalenza dell’HIV si situa all’11%. Sebbene
molti progressi siano stati fatti nell’accesso al trattamento, molte donne
ancora non ricevono le terapie adeguate per prevenire l’infezione al bambino, e
ogni anno circa 15.000 bambini in Malawi nascono con l’HIV. Il Ministero della
Salute ha identificato l’insufficiente presenza e funzionamento di laboratori,
e la conseguente impossibilità di accedere al monitoraggio dei CD4, come uno
degli ostacoli principali nell’identificare le donne in gravidanza che
necessitano di trattamento. Per questo motivo ha adottato un approccio
innovativo, che consiste nel mettere in terapia antiretrovirale a vita tutte le
donne che risultino sieropositive in gravidanza, senza bisogno di effettuare
altre analisi sullo stato immunitario. Questo permetterebbe di trattare
tempestivamente le donne e quindi di migliorarne la salute e prevenire la
mortalità, oltre che prevenire l’infezione HIV in un grande numero di bambini.
I primi risultati di questo approccio, chiamato Option B+, sono stati
pubblicati sul report di CDC (Centers for Disease
Control and Prevention), sembrano e appaiono molto incoraggianti.
Le donne in gravidanza che iniziano la terapia
antiretrovirale in Malawi sono passate da 1257 a metà 2011 a 10.663 a fine 2012
e costituiscono il 35% di tutte le persone che iniziano la terapia
antiretrovirale in Malawi. Il 77% di queste donne continua ad essere nel
programma di cura dopo 12 mesi.
Di Option B+ si è parlato anche a Maputo, nel corso del
seminario sui modelli di prevenzione della trasmissione materno infantile inAfrica organizzato dal Programma DREAM e dal Ministero della Salute del
Mozambico.
Sono stati sottolineati i risultati incoraggianti di questo
approccio, che tende a garantire un accesso più rapido e duraturo alle cure. In primo luogo, il tasso cumulativo di rifiuto
e abbandono del programma è stato di circa il 20% a livello nazionale, e
intorno al 10% in programmi medio-piccoli. Questo vuol dire che più dell’80%
delle donne può beneficiare degli effetti della terapia a lungo termine. Molti
intervenenti al seminario hanno evidenziato gli elementi che permettono di
ridurre ancora il tasso di abbandono: accompagnamento della donna da parte di peer
educators, ricerca attiva delle persone che non tornano ai controlli, offerta
di analisi accurate gratuite in tempi appropriati. Tutto questo insieme
all’integrazione dei servizi di prevenzione nelle maternità rende il servizio
credibile ed accessibile. Un momento particolarmente critico è stato
identificato nell’inizio della terapia, soprattutto da parte di donne che sono
in fase iniziale di malattia, e quindi faticano a credere di aver bisogno di
farmaci. E’ stato evidenziato come un sostegno appropriato e una maggiore
attenzione degli operatori in questa fase possa essere la garanzia di salvezza
per una donna e per un bambino.