Il Sudafrica ha vissuto in questi ultimi anni una notevole
evoluzione per quanto riguarda l’approccio all’epidemia da HIV/AIDS. È quanto
riporta una relazione pubblicata sul New York Times. In seguito al miracolo di una transizione democratica dall’apartheid alla
democrazia “non-razziale”, il Sudafrica ha dovuto affrontare l’incubo della
malattia. Durante la presidenza di Thabo Mbeki l’epidemia da AIDS nel paese è
rimasta fuori controllo, comportando un aumento delle morti e una diminuzione
dell’aspettativa di vita.
La popolazione nera ha portato la maggior parte del carico
dell’infezione.
La popolazione bianca ha infatti avuto accesso durante l’era
dell’apartheid a strutture mediche private e ha potuto procurarsi i farmaci
dall’estero. La maggior parte dei neri ha dipeso invece per lungo tempo dalle
strutture pubbliche in un’epoca in cui lo stesso ministro della salute si
affidava alle teorie pesudo-scientifiche su HIV/AIDS che circolavano su
internet (si calcola che tale politica in campo sanitario sia costata 365 mila
vite). Il problema è stato quindi ignorato per molti anni e non si sono fornite
le cure mediche adeguate. Durante l’amministrazione di Zuma il governo ha sviluppato
nuove capacità mediche, procurando e distribuendo farmaci antiretrovirali. Le
morti da HIV/AIDS sono crollate.
Il paese ha ottenuto l’elogio dai maggiori esperti mondiali
in materia di AIDS per la sua risposta, soprattutto in un momento in cui il
virus Ebola si è diffuso in Africa occidentale.
Secondo il New York
Times i progressi raggiunti sono stati in parte frutto dell’impegno del
PEPFAR nel Paese. Circa 2.4 milioni di persone sono in trattamento
antiretrovirale, più di qualsiasi altro paese e se ne aggiungono 100 mila ogni
mese. Nel 2009, 490 cliniche hanno distribuito i farmaci, numero salito a
3.540. Il numero degli infermieri formati per la prescrizione dei farmaci è
salito da 250 a 23 mila (dati 2013). Il tasso di trasmissione da madre a figlio
è sceso al di sotto del 3% e l’aspettativa di vita è aumentata di quasi 10 anni
dal 2005. Parte di questo successo è attribuibile ai fondi investiti dal programma
PEPFAR per la formazione di medici, per la costruzione di cliniche e di
laboratori e per l’acquisto di farmaci. Ora che i fondi stanno finendo, poiché
il programma sta spostando la sua attenzione verso paesi più poveri, il
Sudafrica dovrà trovare nuove vie per continuare a contrastare l’infezione (6
milioni di infetti e 370 mila nuove infezioni ogni anno).
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