E’ stato
pubblicato in questi giorni un nuovo aggiornamento tecnico UNAIDS/OMS sull’auto-test per l’HIV.
L’aggiornamento, dal titolo A short technical update on self-testing for HIV mira a
sintetizzare le esperienze, la ricerca e le politiche in materia di test
autodiagnostici per l'HIV, al fine di informare coloro che intendono attuare tale
approccio.
Tramite l’auto-test,
chi vuole conoscere il proprio stato di sieropositività, può eseguire il test
ed interpretare il risultato in privato. Ogni risultato positivo (presenza di anticorpi anti
HIV-1/2 o di antigene HIV-1 p24) deve essere poi confermato da un operatore
sanitario, in conformità con le procedure nazionali.
La procedura
per l’auto-test comporta infatti il sostegno di un operatore sanitario o di un
volontario che è presente prima e dopo l'esecuzione. Tale supporto può fornire
informazioni su come eseguire il test e sostenere il paziente con il pre e il post-counselling.
In questo
modo sarà possibile superare le barriere che ancora rendono difficoltoso l’accesso
al test, come lo stigma, la discriminazione, i lunghi tempi di attesa e le
distanze dai centri di cura.
Vi sono
evidenze su l’utilizzo di tale test sia in paesi occidentali sia in paesi a
risorse limitate.
Studi
condotti sul campo hanno mostrato risultati promettenti in entrambi i contesti. Tuttavia c’è
la necessità di incrementare tali studi.
Diversi paesi
stanno prendendo in considerazione tale approccio. Nel mese di aprile 2014, la
Gran Bretagna e l’Irlanda del Nord hanno legalizzato la vendita di kit di
auto-test per l’HIV. Il Kenya ha incluso l’auto-test nelle politiche e nelle
linee guida nazionali. Malawi, Sudafrica e Zimbabwe stanno prendendo il
considerazione la sua introduzione.
Tuttavia si
ritiene sia necessaria un’ulteriore analisi dei potenziali benefici e rischi sull'introduzione di
un test autodiagnostico per l’HIV, in particolare nelle zone dell’Africa
sub-sahariana ad alta prevalenza di HIV/AIDS.
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