27 maggio 2013

Il Malawi campione nella lotta all'HIV/AIDS

Il 26 maggio si è tenuto ad Addis Abeba in Etiopia, l’incontro dell’AIDS Watch Africa (AWA), Comitato d’Azione di Capi di Stato e di Governo, in occasione delle celebrazioni per i 50 anni dell’Unione Africana.
L’AWA è stata fondata nel 2001 per decidere le azioni da intraprendere per sconfiggere l’AIDS, la tubercolosi (TB) e la malaria in Africa. L’organizzazione ha assunto la responsabilità di monitorare i progressi che vengono raggiunti ogni anno verso la sconfitta definitiva di questi tre flagelli.
La Roadmap prevede la creazione di modelli di finanziamento sostenibili, l’espansione dell’accesso alla terapia passando anche attraverso una produzione locale di farmaci, la creazione di una forte leadership e governance africane.
Sostenuti anche dal segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon (convinto che gli sforzi compiuti in questo senso non faranno altro che migliorare la salute e garantire i diritti umani di sempre più cittadini africani), 13 Capi di Stato africani e altri 50 leader mondiali si sono riuniti esaminando i progressi fatti verso riforme che riguardano l’AIDS, la tubercolosi (TB) e la malaria. Il tentativo è quello di trovare un modo per incrementare i finanziamenti per l’assistenza sanitaria, particolarmente per queste 3 importanti patologie che in Africa mietono ancora troppe vittime.

23 maggio 2013

A Ginevra un pezzo d'Africa: DREAM alla World Health Assembly

Si è aperta il 20 maggio a Ginevra la 66ª sessione dell’Assemblea Mondiale della Sanità, il supremo organo decisionale dell'OMS (WHO) cui partecipano circa 3000 partecipanti in delegazioni provenienti da tutti gli Stati Membri dell'OMS. Il programma DREAM della Comunità di Sant'Egidio fondata da Andrea Riccardi, oggi attivo in 10 paesi africani nella lotta all'AIDS, partecipa con una delegazione e ha promosso un side-event dal titolo "DREAM: Achieving Results in HIV Positive Patients in Sub-Saharan Africa", in cui presenterà i risultati e le prospettive del lavoro che svolge da più di 10 anni per cura i pazienti affetti colpiti dall'AIDS in Africa.

Una nuova sfida per il Sudafrica

Sei anni di vita regalati a più di 50 milioni di sudafricani; l'aspettativa di vita è salita da 54 a 60 anni nel periodo 2005-2012. È quanto pubblicato dal Lancet nello scorso dicembre in un lungo articolo sulla situazione sanitaria del Sud Africa, oggi ancora sotto i riflettori per l'imminente visita di Barak Obama a fine giugno.
Nel 2009 The Lancet si era già occupato di questo paese pubblicando una serie di contributi che affrontavano molte delle criticità del sistema sanitario sudafricano. Oggi, a 3 anni di distanza, viene pubblicata una review sui progressi avvenuti negli ultimi anni. Siamo ormai lontani da quella che è stata chiamata la "disastrosa era Mbeki" caratterizzata da politiche definite dal Lancet come non-scientifiche; la negazione prima dell'esistenza dell'AIDS, poi dell'efficacia della terapia hanno lasciato milioni di sudafricani senza cure in preda ad una malattia che continuava a uccidere tanti.

20 maggio 2013

La crisi silenziosa: notizie dalla Repubblica Centrafricana




La Repubblica Centrafricana sta attraversando una pesante crisi sanitaria e umanitaria. Il paese, che figura al 180° posto (su 186) nella classifica dello sviluppo umano, ha una prevalenza di HIV del 6%, la più alta nella regione
Inoltre, secondo alcuni studi il tasso di fallimenti terapeutici è molto alto, circa il 30% dei pazienti in terapia da due anni. Il sistema sanitario non ha sufficienti capacità per fare fronte alle complessità del trattamento, a causa della scarsità di personale qualificato, mancanza di disponibilità di seconde linee, frequenti rotture di stock e monitoraggio laboratoristico estremamente insufficiente. Tutti questi sono elementi di una più complessiva crisi sanitaria, a lungo dimenticata a livello nazionale e internazionale.

16 maggio 2013

La terapia si muove: attivate 3 mobile clinics a Gaza, Mozambico

A Gaza, Mozambico, nei distretti di Bilene, Mandlakazi e Chibuto, sono state aperte tre cliniche mobili, per incrementare e rinforzare i servizi di cura contro l’HIV/AIDS.
Il progetto è dell’EGPAF (Elizabeth Glaser Pediatric AIDS Foundation Mozambique), finanziato dagli Stati Uniti attraverso i CDC (Centers for Disease Control and Prevention) del Mozambico e il PEPFAR (President’s Emergency Plan for AIDS Relief), in associazione con il MISAU (Ministero della Salute del Mozambico).
Le cliniche rappresentano un contributo agli sforzi internazionali per l’eliminazione delle nuove infezioni nei bambini entro il 2015.

14 maggio 2013

Nigeria: dalla parte dei più piccoli



La povertà sembra aumentare in Nigeria, uno dei paesi con il più alto tasso di mortalità infantile al mondo. L'UNICEF stima che nel paese un bambino su sette muoia prima di aver compiuto il quinto anno di vita. Alle piaghe della povertà e della malnutrizione si aggiunge quella dell’HIV/AIDS. In un tempo in cui enormi passi avanti si sono fatti nel campo della cura e della prevenzione della trasmissione materno-infantile, in Nigeria l’HIV rappresenta ancora una sentenza di morte per molti bambini.
Secondo il Country progress report  2012 dell’UNAIDS, la prevalenza dell’HIV nel paese è del 3.7% con il 30% di copertura con antiretrovirali.

10 maggio 2013

Global Fund: un’opportunità storica


Una conferenza con donatori e altri partner si è tenuta il 9 e 10 aprile, in previsione del Fourth Replenishment Round del Global Fund, l’organizzazione creata nel 2002 per coordinare gli sforzi internazionali nella lotta alle tre più importanti malattie infettive del mondo: HIV, tubercolosi e malaria. Nella conferenza si è sottolineato come l’azione del Global Fund non sia volta a un semplice contenimento di queste malattie, ma proprio a vincere la battaglia contro di esse.
Un aumento di fondi adesso potrebbe cambiare drasticamente il corso di queste malattie grazie ai recenti avanzamenti nella scienza, alla diminuzione del costo delle terapie e all’aumento di conoscenze tecniche nei paesi meno sviluppati.
Una valutazione dei bisogni stima che sarebbero necessari 87 miliardi di dollari in totale per il 2014, di cui 15 miliardi provenienti direttamente dal Fund.

8 maggio 2013

La Carica Virale, un esame fondamentale per il monitoraggiodell'infezione da HIV

Dal 18 al 20 aprile si è svolto a Cape Town, Sudafrica, il convegno dal titolo "Viral Load Testing in African HIV Treatment Programmes", organizzato da African Society for Laboratory Medicine (ASLM), World Health Organization's Regional Office for Africa (WHO-AFRO), Joint United Nations Programme in HIV/AIDS (UNAIDS), Society for AIDS in Africa (SAA) e Southern African HIV Clinicians Society.
Più di 120 tra medici, tecnici di laboratorio, biologi e policy maker provenienti da più di 20 paesi africani si sono confrontati sul tema del monitoraggio con Carica Virale dei pazienti HIV positivi in Africa Sub-Sahariana. Presenti al convegno anche numerosi operatori di associazioni impegnate nel campo, come Centers for Disease Control and prevention (CDC), il programma DREAM, Medici Senza Frontiere (MSF), Clinton Health Access Initiative (CHAI) ed altri.
La misura della Carica Virale di HIV è un'indagine chiave nel monitoraggio dell'infezione e dell'andamento della terapia antiretrovirale; la Carica Virale rappresenta il numero di copie di virus presenti in un'unità di sangue ed è particolarmente elevata nella prima fase di infezione da HIV e con il progredire della malattia. Già nel 1997 uno studio multicentrico condotto su più di 1600 pazienti ha chiarito l'importanza della misurazione della Carica Virale come principale fattore prognostico negativo nei pazienti infettati con HIV.

Primi risultati dell’option B+ in Malawi


In Malawi la prevalenza dell’HIV si situa all’11%. Sebbene molti progressi siano stati fatti nell’accesso al trattamento, molte donne ancora non ricevono le terapie adeguate per prevenire l’infezione al bambino, e ogni anno circa 15.000 bambini in Malawi nascono con l’HIV. Il Ministero della Salute ha identificato l’insufficiente presenza e funzionamento di laboratori, e la conseguente impossibilità di accedere al monitoraggio dei CD4, come uno degli ostacoli principali nell’identificare le donne in gravidanza che necessitano di trattamento. Per questo motivo ha adottato un approccio innovativo, che consiste nel mettere in terapia antiretrovirale a vita tutte le donne che risultino sieropositive in gravidanza, senza bisogno di effettuare altre analisi sullo stato immunitario. Questo permetterebbe di trattare tempestivamente le donne e quindi di migliorarne la salute e prevenire la mortalità, oltre che prevenire l’infezione HIV in un grande numero di bambini. I primi risultati di questo approccio, chiamato Option B+, sono stati pubblicati sul report di CDC (Centers for Disease Control and Prevention), sembrano e appaiono molto incoraggianti.
Le donne in gravidanza che iniziano la terapia antiretrovirale in Malawi sono passate da 1257 a metà 2011 a 10.663 a fine 2012 e costituiscono il 35% di tutte le persone che iniziano la terapia antiretrovirale in Malawi. Il 77% di queste donne continua ad essere nel programma di cura dopo 12 mesi.

3 maggio 2013

In un libro la storia di Pacem: "Un domani per i miei bambini"

Il Malawi: un piccolo stato dell’Africa orientale che si estende per circa 900 km ed occupato per circa un quinto della sua superficie dal Lago Malawi, il terzo lago più grande dell’Africa.
Ha tredici milioni di abitanti: tre quarti vivono con meno di 1,25 dollari al giorno, con un’economia basata sull’agricoltura (produzione di tabacco, tè e zucchero in particolare).
Oggi la principale causa di morte è rappresentata dall’HIV e dalle sue complicanze.
In Malawi, circa 1 milione di persone vive con l’HIV, con una prevalenza del 10% tra gli adulti  e del 10.6% tra le donne in gravidanza (Country progress reports 2012). Anche in questo piccolo Paese, agli occhi di tanti forse insignificante, tra il 2004 e il 2005 prende avvio il Programma DREAM per il trattamento dell’HIV.
Nel centro di Mthengo wa Ntengha, il primo aperto nel paese, nell’agosto del 2005, avverrà l’incontro tra DREAM e una donna africana: Pacem Kawonga, autrice di un'autobiografia mozzafiato e bellissima, ricca di sentimento e passione: “Un domani per i miei bambini”, pubblicato nell’aprile 2013 dalla casa editrice Piemme .
Pacem, scoperto nel 2005 il suo stato di sieropositiva, decide di affidarsi in tutto e per tutto a DREAM per la cura sua e per quella della piccola Melinda, figlia nata prima dell’inizio del trattamento antiretrovirale e purtroppo sieropositiva anche lei.
Attivista DREAM e successivamente responsabile per il Malawi del Movimento “I DREAM”, nel 2007 diventa coordinatrice del Centro DREAM di Mthengo.
Pacem, da quel primo incontro del 2005, insieme ad altri attivisti, ha sentito la responsabilità, dopo aver ricevuto tanto, di portare speranza, amore, forza e coraggio alle donne sieropositive del suo paese e non solo, aiutandole a trovare delle strade per per rivelare la loro condizione ai mariti incoraggiandole a vivere con maggiori speranza e fiducia.
Nel 2012 la sua voce è arrivata fino a New York, al palazzo dell’ONU, in cui durante  l’ “Unite for Universal Access - UN high level meeting on AIDS”, importante incontro mondiale sulla lotta all’HIV/AIDS a livello globale, è intervenuta portando con la sua testimonianza l’energia e il potere datole dalla “resurrezione che le ha cambiato la vita”, grazie all’accesso alla tripla-terapia antiretrovirale, l’unica in grado di far retrocedere il virus e di impedire la trasmissione materno-infantile. Parlava Pacem in quell’occasione di “diritto ad accedere al trattamento, al di là di ogni distinzione di razza, genere, religione, età e condizione socio-economica”, chiedendo “l’accesso universale al trattamento, gratuito per tutti, in tutto il Sud del Mondo”. Concludeva Pacem: “Da subito il programma DREAM ha proposto l’Accesso Universale al trattamento per le donne HIV positive. Se un paese povero come il Malawi riesce a fare questo, allora è davvero possibile la speranza”.
Pacem ha assistito a questa storia di resurrezione, la sua ma anche quella del suo popolo, e ha deciso di raccontarlo in un libro. Con coraggio ha deciso di mettere nero su bianco la sua vita, dalla condanna di una diagnosi di sieropositività, alla speranza rinata in lei dopo aver conosciuto DREAM e quelli che ormai sono i suoi amici della Comunità di Sant’Egidio. Aspettava la morte, invece è rinata ad una nuova vita. Racconta bene il primo incontro con gli operatori del centro e il suo stupore nel trovarsi in luogo tanto accogliente. “Benvenuta”, è stata la prima parola rivoltale, tornando ad essere non solo una malata, ma una persona con una storia e con delle aspettative, “non un numero, ma Pacem”. In quel momento si rese conto che non sarebbe più stata abbandonata.
Da quel primo incontro con DREAM ha assistito alla nascita di oltre 700 bambini. “Sani. Nati da madri sieropositive che si sono sottoposte al trattamento. È una cifra approssimativa, riguarda solo Mthengo wa Ntengha. Nei centri DREAM sparsi in Malawi sono oltre 5000 e in tutta l’Africa circa 20.000…un popolo che nasce e cresce…che porta speranza”. È l’orgoglio di Pacem!
Pacem oggi continua il suo lavoro al Centro DREAM di Mthengo wa Ntengha, continuando a dispensare una terapia fatta di “umanità”, prima ancora che di farmaci, così come è stato per lei 8 anni fa. Ancora non crede (quasi) di essere viva. “Ma quando rinasce la speranza rinasce la vita. E vede resurrezioni. Tante.”