Un angiologo, responsabile del servizio di telemedicina
dell’ospedale san Giovanni di Roma scrive un libro; cronache di viaggio, spiega
il sottotitolo, cronache di viaggio di un medico euroafricano. È Michelangelo
Bartolo, autore del volume La Nostra Africa, edito da Gangemi Editore. Un
romanzo vero, che racconta problemi veri, come è stato sottolineato ieri alla
presentazione del libro tenutasi nella sala Protomoteca del Campidoglio a Roma.
Bartolo è romano, vive e lavora nella capitale, ma da
diversi anni è impegnato in Africa con il programma DREAM della Comunità di
Sant’Egidio, oggi attivo in dieci paesi africani nella cura all’AIDS. L’esperienza
di questi anni è narrata nelle pagine del libro, che trascinano il lettore in
Mozambico, in Tanzania e in Africania
(terra immaginaria, simbolo dei problemi comuni a tanti paesi africani);
seguendo le avventure di Federico (alter ego dello stesso Bartolo) si viene
coinvolti in un’avventura grande e avvincente.
Mario Marazziti, portavoce della Comunità di Sant’Egidio, ha
sottolineato: l’angiologo fa scorrere
bene il sangue, e questo libro fa scorrere bene il sangue delle cose buone, delle
cose vere, chi legge questo libro vive mentre legge, gli viene il desiderio di
vivere di più e alla fine non rimane esattamente come era prima di leggerlo.
Le pagine di Bartolo sono coinvolgenti, accattivanti, umane,
ironiche, serie, profonde, mai ideologiche o moraliste. Giampaolo Catalano,
giornalista de La Repubblica, ha messo l’accento proprio sullo stile
particolare della narrazione; pur affrontando l’enorme tematica dell’AIDS in
Africa, con le sue tragedie e le sue resurrezioni, il racconto resta sempre
profondamente umano, con i piedi per terra, lontano da giudizi o condanne al
mondo ricco.
Roberto Gervaso ha dichiarato: dopo aver letto il libro ho provato due sentimenti: invidia e odio.
Sono sentimenti umani… Invidia e odio, perché questo libro lo avrei voluto
scrivere io! Con ironia, ha poi accusato l’autore di plagio, sostenendo che
i veri autori del libro sarebbero in realtà Ernest Hemingway, Albert Schweitzer
e P. G. Wodehouse. Ha poi concluso chiedendo all’autore: Ma come ti è venuto in mente tutto ciò? Bartolo ha risposto
spiegando come tutto ciò non sia stata un’idea sua, ma frutto del
coinvolgimento di altri; e ha concluso: nella
vita si è sempre trascinati da qualcuno, altrimenti si è soli.
Federico, il protagonista de La Nostra Africa, è un eroe moderno,
perché eroica è la vita di chi si dedica con impegno e passione ad una
battaglia come la cura dell’AIDS in Africa. È un eroe, ma non un eroe senza
macchia e senza paura, come sottolinea la motivazione del premio Mario Soldati
conferito proprio a Bartolo: non sa
cucinare, e se nessuno provvede è capace di nutrirsi di sola frutta; non sempre
sa cavarsela nelle situazioni imbarazzanti; a volte è impulsivo e imprudente.
Un eroe, dunque, ma non un eroe solitario, Bartolo lo ha sottolineato, si
tratta piuttosto di un eroismo collettivo, che ha saputo andare contro le opinioni
dominanti nella comunità scientifica, e ha avuto ragione (come ha ricordato
Marazziti).
La Nostra Africa racconta quell’eroismo collettivo, racconta
quel viaggio, ci coinvolge e ci rende un po’, tutti, eurafricani.